Milano, 18 luglio 2013 - 00:00

Servizi pubblici, alla P.a. la scelta tra in house e libero mercato

Venuto meno l’articolo 23-bis del Dl 112/2008 che sanciva la “eccezionalità” degli affidamenti in house, la scelta dell’ente locale sul modello organizzativo è diventata discrezionale e quindi sindacabile solo per illogicità o irrazionalità.

È quindi legittima la delibera di affidamento in house di un servizio pubblico, purché motivi e dia conto dei vantaggi di tale modello rispetto alla alternative. Il Consiglio di Stato (sentenza 762/2013) ha così rigettato il ricorso contro l’affidamento diretto della gestione di un impianto di compostaggio, giustificato alla luce del fatto che “la società in house non persegue scopi di lucro e consente una gestione economicamente conveniente e ancillare alla programmazione provinciale, nonchè di ottimizzare le sinergie di settore con vantaggi in termini tariffari per l’utenza”.

La disciplina comunitaria in materia, a differenza del Dl 112/2008 (abrogato a seguito del referendum del 2011), non afferma in maniera univoca alcun obbligo di affidare a terzi sul mercato i servizi pubblici locali di rilevanza economica. Via libera quindi all’in house purché rispetti il requisito del “controllo analogo” richiesto dall’Ue: i soci pubblici affidatari devono avere il “potere assoluto” di dirigere, coordinare e supervisionare l’attività della società partecipata.

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