La Svezia propone una “carbon tax” a livello europeo. I pro e i contro
La Svezia spinge per l’introduzione di una “carbon tax” nei settori non-ETS (Emission Trading Scheme) a livello europeo in vista di assumere la presidenza europea nel mese di luglio.
I settori ETS riguardano soprattutto la produzione energetica e l'industria pesante, e su di essi vige un sistema di "cap and trade" che consente di inquinare fino a una certa quota di emissioni, oltre la quale è necessario acquistare quote da paesi più virtuosi.
La proposta svedese è invece di tassare direttamente i carburanti, e anche l'agricoltura e l'industria leggera. Un dibattito, quello che oppone il sistema "cap and trade" e la tassazione diretta del carbonio, che va avanti ormai da molti anni e che, secondo Andreas Carlgren, ministro dell'ambiente svedese, è stato troppo a lungo rimandato dall'Unione Europea con la scusa della recessione.
L'idea di una tassazione diretta del carbonio è stata a lungo scartata dai governi a causa dell'impopolarità di questa misura fra i cittadini. Il primo stato a inserire una tassa sul carbonio nel 1991 fu proprio la Svezia insieme alla Norvegia.
La proposta della Svezia potrebbe avere grande eco in Europa soprattutto in quei paesi dove una tassazione del genere già esiste, come la Danimarca, la Finlandia e la Slovenia, mentre probabilmente troverebbe molti ostacoli nei paesi dell'Europa Centrale e Orientale dove vige una tassazione più leggera.
Secondo alcuni economisti una tassa sul carbonio sarebbe la via più giusta per ridurre le emissioni di gas serra perché verrebbe applicata uniformemente sull'intera economia mentre il sistema "cap and trade" è molto selettivo e coinvolge solo i settori più inquinanti.
Christian Egenhofer, direttore del programma clima ed energia del Centre for European Policy Studies (CEPS), afferma che i settori non-ETS sono però numerosi e avrebbe senso inserire una "carbon tax" solo per alcuni di essi, altrimenti "c'è il rischio" dice "che aumentino le tasse". Questo spingerebbe, infatti, i paesi al di fuori dei 15 a richiedere in cambio aiuti all'Ue, per fronteggiare le difficoltà socio-economiche a cui andrebbero inevitabilmente incontro. Un fatto che renderebbe di certo meno appetibile la proposta svedese per la gran parte dei paesi europei.
Stephan Singer, direttore delle politiche energetiche del WWF, si chiede invece se non sarebbe meglio che la Svezia e gli altri paesi a cui spetterà la presidenza europea usino il loro tempo per dedicarsi a rivedere gli standard di efficienza energetica, soprattutto nel settore automobilistico.