Milano, 16 giugno 2009 - 00:00

Piano Solare Mediterraneo, il sole del Sahara illuminerà le nostre case

Si chiama Piano Solare Mediterraneo, un’iniziativa dei paesi che si affacciano sul Mare Nostrum per sfruttare il deserto del Sahara come bacino di energia solare per l’Europa.

L'idea è in circolazione da qualche anno e nasce dall'intuizione di Trec (Trans-Mediterranean Renewable Energy Cooperation) che con il progetto Desertec aveva lanciato, qualche anno fa,  la possibilità di sfruttare il più grande deserto del mondo per fornire energia pulita al Pianeta e desalinizzare l'acqua a favore dei paesi poveri.

Desertec si basa sull'assunto che un'area di 800 chilometri quadrati nel deserto, sfruttata con il solare termodinamico, potrebbe bastare a fornire l'intero fabbisogno energetico del pianeta. Si tratterebbe di realizzare una rete costituita da un centinaio d'impianti, ciascuno formato da un gigantesco sistema di specchi in grado di concentrare i raggi del sole, usandoli poi per scaldare l'acqua a 800 gradi e azionare una turbina.

Da qui l'idea del Piano Solare Mediterraneo che è stato infatti al centro delle riunioni dell'Unione per il Mediterraneo, composta da tutti i ministri degli Esteri dei Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum. Il piano è stato approvato l'estate scorsa a Parigi e negli ultimi mesi è stato oggetto di discussione tra i maggiori esperti in materia, che si sono confrontati sulle iniziative da prendere per concretizzarlo.

Il piano è grandioso: cavi sottomarini in corrente continua ad altissimo voltaggio che collegherebbero i paesi della sponda africana (Marocco, Algeria, Tunisia e Libia) con la Spagna e l'Italia. Ma non solo, interconnessioni dovrebbero essere realizzate anche tra Albania, Montenegro e Turchia fino alla Germania. Una struttura che nei prossimi vent'anni dovrebbe coprire il fabbisogno elettrico dei paesi affacciati sul Mediterraneo, oltre a circa un quarto di esportazioni elettriche verso il Nord Europa.

Da questo punto di vista l'Italia si sta muovendo bene. Lo scorso 21 aprile, infatti, il nostro governo e quello tunisino hanno firmato un accordo per una piattaforma tecnologica comune legata alle energie rinnovabili. Al centro dell'accordo c'è il ponte elettrico d'interconnessione Tunisia-Sicilia da 1.000 Megawatt, un cavo sottomarino da 150 chilometri e 700 milioni d'investimento, che dal 2015 trasporterà energia per 800 megawatt da gas-carbone più 200 da rinnovabili. Mentre nei giorni scorsi l'Enea e l'Accademia della Ricerca Scientifica e Tecnologica egiziana hanno firmato un'intesa per la realizzazione, nel paese africano, di un impianto solare termodinamico con tecnologia italiana. Si tratta di un progetto pilota che vede lavorare congiuntamente enti di ricerca italiani ed egiziani, e partner industriali della Penisola.

I problemi per la realizzazione del progetto, però, rimangono, e sono essenzialmente due. Innanzitutto il costo, che si aggirerebbe intorno ai 450 miliardi di euro d'investimenti, tra linee e centrali, entro il 2040. E poi la crisi di Gaza, visto che Israele e Autorità Palestinese dovrebbero rientrare nell'immenso progetto energetico.

In conclusione sono due le considerazioni che possiamo fare. La prima riguarda i costi. Se infatti sono diverse le voci che si sono levate contro la fattibilità economica degl'impianti, c'è da considerare che le alternative non sono poi meno costose. Basti pensare al cosiddetto nucleare di terza generazione, che in Finlandia sta dando prova di inaffidabilità ancora prima di partire. A quattro anni dall'inizio dei lavori della centrale di Olkiluoto, che dovrà fornire il 10% del fabbisogno elettrico del Paese, nessuno può dire quando sarà terminata, e i 4 miliardi di euro inizialmente previsti per la costruzione dell'impianto sono già saliti a 6. Se si considera dunque che i 450 miliardi necessari per realizzare il Piano Solare Mediterraneo dovrebbero essere suddivisi fra i diversi paesi coinvolti, questa cifra perde sicuramente il suo impatto deterrente.

Infine una considerazione sulle caratteristiche del progetto, che è evidentemente basato su un'idea di centralizzazione dell'energia. Il Piano Solare mediterraneo non risolverebbe, infatti, il problema dell'indipendenza energetica (lo dimostra l'esempio di Gaza) e quindi tutti gli aspetti negativi legati all'importazione di energia dall'estero rimarrebbero. Naturalmente nessuno mette in dubbio l'eventuale utilità di un sistema del genere, ma è evidente che parallelamente a questo è necessario intervenire per favorire un sistema decentrato di utilizzo delle energie rinnovabili, attraverso l'impiego di queste ultime sugli edifici esistenti e di nuova costruzione, oltre che, contestualmente, agevolando interventi di efficienza energetica a tutto campo.

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