Milano, 14 luglio 2009 - 00:00

Nextville sciopera per il diritto alla rete contro il Ddl Alfano

L’hanno definita legge ammazza-internet, nasce dalla costola destra del Ddl Alfano contro le intercettazioni, e oltre a mettere in pericolo il lavoro di giornalisti e magistrati, mina dalle fondamenta la libertà d’informazione su Internet.

Ma facciamo un passo indietro. L'11 giugno scorso il Parlamento ha approvato il disegno di legge recante "Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche". In attesa dell'approvazione definitiva da parte del Senato, prevista comunque per l'estate, si è scatenata la bagarre tra giornalisti, magistrati e blogger.

Il motivo della mobilitazione generale sta nelle disposizioni contenute nel Ddl, che prevede che le intercettazioni telefoniche possano essere usate solo per reati che prevedono pene superiori a 5 anni e per i quali esistano "evidenti indizi di colpevolezza" e solo se "assolutamente indispensabili". Previsto inoltre un archivio "riservato" per custodire telefonate e verbali mentre potranno essere diffusi processi in radio e in televisione solo se esiste l'assenso delle parti. Per i giornalisti inadempienti carcere da 6 mesi fino a 3 anni.

Stesso discorso per la magistratura, pesantemente colpita nel suo lavoro di contrasto alle mafie e alla criminalità organizzata dal testo Ddl, definito dall'Anm (Associazione Nazionale Magistrati) come la morte della giustizia penale in Italia.

Abbiamo a che fare, insomma, con una riforma che si nasconde meschinamente dietro la tutela della privacy, ma che in realtà cerca di imporre un pesante bavaglio all'informazione e pone dei seri ostacoli al lavoro della magistratura.

Ma non finisce qui. Arriviamo all'argomento che più ci interessa e che riguarda l'estensione dell'obbligo di rettifica — disciplinato per la stampa dalla Legge n. 47 dell'8 febbraio 1948 — a tutti "i gestori di siti informatici". In sostanza entro 48 ore da una qualunque richiesta di rettifica i responsabili di blog, siti Internet — ma non solo, la disciplina riguarderà anche social network come YouTube, MySpace e Facebook — sono costretti a provvedere alla correzione dell'articolo o del contenuto multimediale caricato in rete. Pena, per chi non provvedesse in tempo, una multa pari a 15-25 milioni di vecchie lire.

Come giustificare, quindi, quello che Guido Scorza su Punto Informatico ha definito come un "monstrum giuridico liberticida e anti-Internet"?

Così come per la privacy, anche in questo caso si levano dal Palazzo le voci a favore della responsabilità che, dicono, dovrebbe investire anche coloro che gestiscono blog amatoriali o piattaforme multimediali. Da tempo, infatti, si discute sulla possibilità di estendere la registrazione delle testate, valida per i siti d'informazione, a tutti coloro che pubblicano in rete, anche nel caso di attività non professionali.

E' chiaro, però, che diventa assai disincentivante per un blogger scrivere in rete, nel momento in cui si rischia di venire multati con tali cifre. Il risultato? Probabilmente rinunciare alla propria libera attività. Anche perché la rettifica riguarda anche i commenti, nel caso dei blog, ed è evidente che rispondere entro 48 ore a richieste di rettifica per chi non svolge un'attività professionale diventa assai complicato.

Stesso discorso per i social network, che, in quanto tali non producono le informazioni che diffondono, e che non sono dotati di una struttura in grado di provvedere alle rettifiche del caso. La forza di queste realtà sta proprio nella possibilità di dare spazio alla voce di tutti, quindi il meccanismo (assurdo) della rettifica si scontra con la più flessibile (e logica) possibilità per ogni utente di rispondere all'eventuale accusa (riferita a se stesso o alla propria parte in causa) usando le armi stesse del social network.

Quindi anche in questo caso il risultato del Ddl Alfano è chiaro: o i gestori dei social network si doteranno di una struttura in grado di rispondere a tutte le deliranti richieste di rettifica oppure rimuoveranno a priori tutti quei contenuti passibili di un eventuale contestazione. Questo naturalmente avrà l'effetto di distruggere la libera vocazione che anima strutture come i social network.

E, dulcis in fundo, invece di garantire, a parità di doveri, parità di diritti, ecco la beffa. Mentre per la stampa, infatti, vale l'insequestrabilità di ogni contenuto informativo, questa regola non vale per i "gestori di siti informatici".

Questi sono i motivi principali per cui, come redazione di Nextville, abbiamo deciso di aderire allo sciopero promosso per la giornata di oggi dal blogger e giornalista Alessandro Gilioli e dal docente di diritto informatico Guido Scorza. Si chiama la giornata del "rumoroso silenzio" ed è in assoluto il primo sciopero organizzato dai blogger per manifestare civilmente contro il Ddl Alfano e per il diritto alla rete. Se ne avete voglia, fate silenzio insieme a noi.

Pagine correlate