Milano, 4 settembre 2009 - 00:00

Biodiesel da microalghe, comincia una nuova era

E’ finalmente diventato operativo il primo impianto commerciale di produzione di biocarburante da alghe.

Si tratta del Coyote Gulch Demonstration Facility, realizzato nel sud-ovest del Colorado all’interno del territorio degli indiani Ute, che sono anche partner del progetto, e sviluppato dall’azienda Solix Biofuels. I primi dati ufficiali si avranno non prima della fine del 2009, ma già ora si stima una resa annuale di quasi 30mila litri di biodiesel per ettaro di coltura. Un risultato eccezionale, se si pensa che la resa del biodiesel tradizionale è di 4.500 litri/ettaro nel caso della palma da olio e di soli 1.000 litri/ettaro per colza e girasole.
 

Nella foto: i rappresentanti della Solix Biofuels, del Southern Ute Growth Fund e del Southern Ute Tribal Council.

L’impianto della Solix utilizza delle microalghe selezionate che, a differenza delle alghe più   grandi, assicurano rendimenti e tassi di crescita superiori, con una percentuale di olio estraibile pari al 40% del loro peso. L’olio contenuto nelle microalghe può essere estratto in diversi modi, sia con la semplice spremitura meccanica sia ricorrendo a solventi chimici.

Numerosi i vantaggi ambientali ed economici di questa tecnologia. Il   funzionamento dell’impianto richiede poca acqua e soprattutto non entra in concorrenza con le colture alimentari, dal momento che la crescita delle microalghe avviene in vasche artificiali che possono essere localizzate in territori desertici o comunque inadatti all’agricoltura. Ma c’è di più: per stimolare una crescita ancor più vigorosa delle microalghe, il Coyote Gulch utilizza la CO2 e gli ossidi di azoto (NOx), prodotti da una centrale elettrica e da diversi siti industriali adiacenti all’impianto. In questo modo, dei gas potenzialmente pericolosi per il clima e per l’ambiente vengono impiegati come fonte di nutrimento per le alghe.

E il biodiesel rappresenta soltanto uno dei possibili prodotti ricavabili dalle microalghe. La materia organica che rimane dopo l’estrazione dell’olio può essere utilizzata per la produzione di mangimi animali, etanolo e metano (attraverso la digestione anaerobica), nonché per intermedi chimici e bio-plastiche. Si è creata quindi una grande aspettativa intorno all’esperimento del Coyote Gulch, che da più parti viene considerato come il vero punto di svolta nella direzione dei biocarburanti di seconda generazione, caratterizzati da una  maggiore sostenibilità ambientale rispetto alle colture energetiche tradizionali.

Rich Schoonover, responsabile operativo della Solix, non sembra temere la sfida nemmeno sul piano economico: “Siamo pronti a dimostrare al mondo la redditività delle alghe come alternativa ai carburanti derivati dal petrolio” ha dichiarato fiducioso alla stampa il giorno dell’inaugurazione dell’impianto. Stime della Solix infatti indicano che il biodiesel da loro prodotto, può essere pienamente competitivo rispetto ai carburanti fossili, con prezzi del barile di petrolio compresi tra 75 e 100 dollari.

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