Milano, 16 settembre 2009 - 00:00

Il primo impianto eolico offshore italiano? Si, no, forse...

Con il decreto VIA firmato dal ministro Prestigiacomo, potrebbe vedere la luce il primo parco eolico offshore italiano al largo delle coste di Termoli.

Il condizionale in questo caso è d’obbligo: a ben vedere, infatti, si tratta dello stesso progetto che venne respinto nel marzo del 2007, a causa della contrarietà di amministratori locali e dell'allora ministro delle Infrastrutture. La società Effeventi ha quindi preso le opportune precauzioni, optando  questa volta per il tratto di mare al largo della foce del Sinarca, al posto della spiaggia di Petacciato scelta nella prima versione del progetto.

Per il resto, i numeri dell’impianto “San Michele” non cambiano: 54 grandi turbine Vestas disposte in 6 file di 9 turbine ciascuna, per una potenza complessiva di 162 MW, in grado di assicurare energia pulita per circa 120 mila famiglie. La distanza dalla costa è compresa tra i 5 e gli 8 chilometri, limitando così al minimo l’impatto visivo e potendo inoltre sfruttare venti che spirano ad una velocità media molto elevata, attorno ai 7 metri al secondo.

Ma dalla regione Molise è arrivato immediatamente un nuovo e deciso “no” all’impianto, per voce del presidente Iorio che ha inoltre assicurato che verranno attivate “tutte le possibilità, in termini di ricorsi, garantite dal nostro ordinamento costituzionale, per scongiurare la realizzazione di un’opera simile a pochi chilometri dalle nostre coste”.    

Si prospetta quindi un ennesimo braccio di ferro tra regione Molise e Ministero dell’Ambiente, i cui esiti sono ancora incerti. Ironia della sorte, tutto questo bailamme tipicamente italiano avviene in contemporanea con l’ European Offshore Wind 2009 Conference di Stoccolma. Si tratta di un appuntamento cruciale per il settore dell’eolico offshore ed è stata l’occasione anche per presentare lo studio “Oceans of Opportunity”. Secondo le stime dell’European Wind Energy Association (EWEA), che ha realizzato il rapporto, gli impianti eolici offshore attualmente pianificati potrebbero fornire il 10% del fabbisogno elettrico dell’intera Europa, evitando ogni anno l’emissione in atmosfera di oltre 200 milioni di tonnellate di CO2.

Anche il commissario europeo per l’energia Andris Piebalgs, nel suo discorso di apertura della manifestazione di Stoccolma, ha ribadito il grande interesse dell’Europa per le potenzialità dell’eolico offshore. Piebalgs ha sottolineato il ruolo strategico di questa tecnologia, sia sul fronte della sicurezza dell’approvvigionamento energetico sia su quello occupazionale, ricordando che a partire dal 2025 l’offshore potrebbe diventare la principale fonte di occupazione del settore eolico, assorbendo da solo quasi 200 mila posti di lavoro. A dimostrazione della crescente fiducia verso l’offshore, il commissario europeo ha citato il prestito di 300 milioni di euro che nel luglio di quest’anno la Banca europea per gli investimenti (BEI) ha concesso per la realizzazione del progetto Belwind in Belgio, assumendosene il rischio finanziario.

Piebalgs comunque non ha dimenticato le numerose sfide che attendono il settore. Occorrono innanzitutto maggiori risorse per sviluppare reti elettriche “intelligenti”, in grado di gestire i grandi quantitativi di energia prodotta in maniera discontinua. Ma è chiaro, come ha sottolineato anche l’EWEA, che i costi per la realizzazione delle reti non possono ricadere interamente sul settore dell’eolico offshore, pena una minore competitività rispetto alle fonti tradizionali. I produttori inoltre chiedono all’Europa un quadro di regole comuni, in vista di una rete offshore europea transnazionale.    

Un secondo problema rilevato dal commissario europeo è quello dell’accettabilità sociale e del dialogo con le comunità locali interessate dai progetti eolici in mare aperto. Piebalgs infatti nel suo discorso sostiene che la sindrome NIMBY (acronimo inglese per Not In My Back Yard, cioè "Non nel mio cortile") potrebbe rivelarsi “la più grande sfida in direzione degli obiettivi del 2020”. Bisognerà quindi “lavorare con impegno affinché le comunità locali vedano un quadro più ampio e per preservare, o anche migliorare, l’immagine positiva che i cittadini hanno delle energie rinnovabili”.

E in Italia? Stretti nella morsa tra decisionismo governativo, che passa spesso sopra la testa delle comunità locali, e tendenze campaniliste incapaci di vedere lo scenario globale, continuiamo a perdere grandi opportunità nel comparto delle rinnovabili.

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