Milano, 21 ottobre 2009 - 00:00

Europa e Regioni, insieme per lo sviluppo delle energie rinnovabili

Sarà fondamentale il ruolo delle Regioni nel raggiungimento dell’obiettivo del 17% di energia rinnovabile al 2020 fissato dalla Direttiva Europea 2009/28/CE.

E' questo uno dei punti centrali del Rapporto "Europa e regioni per lo sviluppo delle energie rinnovabili" presentato venerdì a Roma dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile, che delinea un quadro estremamente preciso del percorso che il nostro paese dovrà seguire per adeguarsi alle normative europee in tema di efficienza energetica ed energie rinnovabili.

Produzione di energia elettrica, energia per il riscaldamento-raffreddamento e trasporti: sono questi i tre settori chiave con i quali si dovrà confrontare l'Italia, che entro il 30 giugno 2010 sarà obbligata a presentare presso la Commissione europea il proprio piano di azione nazionale per le energie rinnovabili in modo da indicare la traiettoria con la quale intende realizzare il proprio obiettivo. 

Secondo quanto indicato dal rapporto il nostro paese dovrà più che raddoppiare la quota di elettricità prodotta da fonti pulite — passando dai 4,3 Mtep del 2005 a 10,6 entro il 2020 (9,2 di produzione nazionale e 1,4 di importazione) — con un aumento consistente di tutte le fonti energetiche rinnovabili. Per quel che riguarda, invece, l'energia prodotta per il riscaldamento-raffrescamento il balzo in avanti dovrà essere ancora più forte — da 2,6 Mtep nel 2005 a 9,1 Mtep nel 2020 — mentre dovrà essere elevatissimo l'impegno nei trasporti, per i quali la Fondazione prevede che dovrà essere circa decuplicato l'utilizzo dei biocarburanti — da 0,2 Mtep nel 2005, a 2,55 nel 2020 (1,9 Mtep di produzione nazionale e 0,65 Mtep di importazione) — con un'attenzione particolare rivolta soprattutto a quelli di seconda generazione da biomasse ligneo-cellulosiche, che hanno un impatto ambientale, economico e sociale ridotto visto che non sono in competizione con gli usi alimentari delle coltivazioni.

A trainare l'avanzata delle rinnovabili nel settore energia elettrica dovranno essere l'eolico onshore (che dovrà marciare, così come ha fatto nel 2008, a un ritmo di 1000 MW di nuove installazioni ogni anno), il solare fotovoltaico (che dovrà crescere di ben trenta volte) e le biomasse, preferibilmente in impianti di cogenerazione di elettricità e di calore. Spazio, infine, anche all'eolico offshore e al solare termodinamico — tanto bistrattato dall'attuale governo.

Per quello che riguarda il riscaldamento-raffreddamento, la quota dovrà essere raggiunta grazie principalmente all'impiego delle biomasse, di rifiuti e sottoprodotti per produrre calore per usi industriali e agricoli — compresi il recupero di calore dagli inceneritori di rifiuti biodegradabili e da centrali termoelettriche a biomasse — ma soprattutto servirà una forte crescita del solare termico, che dovrà arrivare a 15 milioni di metri quadrati, e delle pompe di calore geotermiche.

Per i trasporti, invece, come dicevamo sopra, dovranno trovare ampio spazio i biocarburanti di seconda generazione, una limitata quantità di elettricità rinnovabile e a un lieve incremento dovranno far registrare i biocarburanti tradizionali e il biogas prodotti nazionalmente.

A livello territoriale l'aumento più consistente nell'impiego di energie rinnovabili si dovrà realizzare, secondo Edo Ronchi, presidente della Fondazione, nel Sud, in particolare per l'energia elettrica che dovrà crescere da 10 TWh prodotti nel 2008 a 38,4 TWh nel 2020. I diversi obiettivi regionali, che andranno necessariamente ad aggiornare i vari piani energetici regionali, saranno il risultato, secondo la Fondazione, del rapporto fra le risorse energetiche rinnovabili disponibili e utilizzate sul territorio regionale e il consumo finale regionale lordo di energia.

Per questo il rapporto divide il paese in tre blocchi: il primo, formato da un gruppo di 6 Regioni (Valle d' Aosta, Trentino Alto Adige, Molise, Basilicata, Calabria e Sardegna) poco abitate e dotate di notevoli risorse rinnovabili, che dovranno raggiungere più del doppio della media nazionale di produzione di energia rinnovabile, il secondo, composto da 8 Regioni (Piemonte, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia) che si dovranno attestare intorno a una produzione più o meno uguale alla media nazionale e infine l'ultimo, di cui fanno parte 6 Regioni densamente popolate e sviluppate, ma dotate di scarse risorse rinnovabili (Lombardia, Veneto, Friuli, Liguria, Emilia Romagna e Lazio) che resteranno sotto la media nazionale.

Obiettivo, infatti, di questo rapporto "è quello di avanzare una proposta di ripartizione dell'impegno europeo per le energie rinnovabili fra le Regioni. Senza questa ripartizione e senza un corrispondente impegno delle Regioni, non vi è alcuna concreta possibilità di raggiungere l'obiettivo fissato".

Ma come fare concretamente? Secondo la Fondazione ci vorrà un forte coordinamento tra Stato e Regioni per stabilire la giusta ripartizione regionale degli obiettivi al 2020. Attraverso, infatti, i piani e i programmi energetici regionali, i connessi piani e programmi per l'uso del territorio, di sviluppo economico, quelli agroforestali e di gestione dei rifiuti, oltre che le procedure autorizzative e parte rilevante delle autorizzazioni degli impianti, le Regioni svolgono un ruolo fondamentale nella definizione delle politiche energetiche e ambientali.

Ma anche sulla base di queste necessità, come sarà possibile incentivare — oltre naturalmente agli incentivi di competenza statale -  (e allo stesso tempo monitorare) l'effettivo conseguimento di tali obiettivi? Occorrerà, si legge nel rapporto, così come prescritto dalla Direttiva per i programmi nazionali, stabilire un sistema di rendicontazione, verificare periodicamente i risultati ottenuti e fissare un sistema che premi le Regioni più virtuose penalizzando, invece, quelle che non conseguiranno gli obiettivi prefissati.

Pagine correlate