Milano, 15 dicembre 2009 - 00:00

Puglia, regole più stringenti per il fotovoltaico e no al nucleare

Il nuovo schema di Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR) della Puglia vieta esplicitamente l’installazione a terra di impianti fotovoltaici in aree agricole.

Il Piano, approvato con la delibera 20 ottobre 2009, n. 1947 e pubblicato sul bollettino ufficiale della Regione n.174 del 4 novembre 2009, introduce dettagliate linee guida per l’installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili. Sottolineiamo comunque che si tratta di uno “schema di Piano”, e quindi suscettibile di ulteriori modifiche.

Con l’obiettivo n. 10 del Piano (Definire standard di qualità territoriale e paesaggistica nello sviluppo delle energie rinnovabili) si “introduce il divieto di localizzazione su suolo di impianti fotovoltaici in aree agricole”. Ma viene anche indicato che “i collettori solari e i pannelli fotovoltaici dovranno localizzarsi sulla copertura e sulle facciate degli edifici e nelle cave su superfici verticali ed orizzontali”.
 
La Regione Puglia, inoltre, ritiene “necessario orientare la produzione di energia e l’eventuale formazione di nuovi distretti energetici verso uno sviluppo compatibile col territorio e con il paesaggio”, favorendo così “la concentrazione degli impianti eolici e fotovoltaici e delle centrali a biomassa nelle aree produttive pianificate”. Le aree idonee per la concentrazione degli impianti sono, secondo il PTTR, “le piattaforme industriali” poiché riducono gli impatti sul paesaggio e inoltre evitano “problemi di sovrastrutturazione della rete e degli allacci, utilizzando le centrali di trasformazione già presenti nelle aree produttive”.

Queste indicazioni potrebbero sembrare troppo restrittive, considerando anche l’impatto ambientale oggettivamente modesto del fotovoltaico, soprattutto se confrontato con le numerose centrali a carbone e industrie inquinanti di Brindisi e Taranto, che detengono il primato nazionale di CO2 immessa in atmosfera e sono causa di oltre il 30% di tutta la diossina prodotta in Italia. Ma non bisogna dimenticare che l’eccezionale corsa al fotovoltaico in atto nel territorio pugliese, in qualche caso (raro ma grave) è avvenuta a spese di uliveti secolari e di altre colture agricole ad elevato valore aggiunto. 

 
Le intenzioni del Piano regionale sembrano però in contrasto con il comma 7 dell’art. 12 del dlgs. 387/2003, che recita:

“Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c) [cioè gli impianti a fonti rinnovabili, ndr] possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici”.

Ricordiamo che il dlgs. 387/2003 è il principale testo di riferimento per le procedure autorizzative degli impianti a fonti rinnovabili. Questo stesso decreto, però, rimandava a delle linee guida nazionali sull’autorizzazione unica, da emanarsi successivamente, che avrebbero dovuto contenere tra l’altro delle precise regole per il corretto inserimento degli impianti nel territorio. Tali linee guida non sono mai state pubblicate e ancora oggi risultano “congelate”, a causa dei numerosi punti critici rilevati dalle regioni e dalle associazioni di settore. E’ chiaro quindi che, in assenza di un regolamento nazionale vincolante, le diverse regioni in questi anni si sono mosse autonomamente, producendo così una selva di linee guida regionali fortemente disomogenee tra loro, con l’effetto di complicare (anziché semplificare) le procedure per gli operatori del settore. Quello che desta qualche perplessità è il fatto che le linee guida pugliesi da un lato vietano gli impianti fotovoltaici a terra nelle aree agricole, ma dall’altro indicano tra gli “obiettivi specifici” del Piano stesso “il divieto del fotovoltaico a terra” tout court, quindi –secondo la nostra interpretazione – anche in quelle “piattaforme industriali” individuate come “aree idonee” per la collocazione.

Le reazioni al Piano regionale pugliese non si sono fatte attendere. Gianni Chianetta, presidente di Assosolare, ha inviato una preoccupata lettera al presidente della Regione Nichi Vendola, rilevando come la norma contestata “rischierebbe di compromettere lo sviluppo economico, nonché migliaia di posti di lavoro, proprio in uno dei pochi  settori che è in controtendenza con una congiuntura economica generale piuttosto negativa”. Difatti la Puglia, grazie alle semplificazioni autorizzative introdotte dall’attuale governo regionale, in pochi anni è diventata la regione italiana più “verde”, sia per numero di impianti a fonti rinnovabili (soprattutto eolico e fotovoltaico) che per potenza elettrica complessivamente installata.

Ma anche di fronte al controverso divieto del fotovoltaico a terra, non si può scordare che la Puglia, prima tra tutte le regioni italiane, si è già dotata di una legge volta a salvaguardare il proprio primato nelle rinnovabili, contro il ritorno forzato del nucleare da parte dall’attuale governo. La legge regionale 4 dicembre 2009, n. 30 (“Disposizioni in materia di energia nucleare”), con un solo articolo formato da tre semplici commi, di fatto tenta di mettere al riparo il territorio regionale dal pericolo di centrali nucleari imposte contro la volontà degli enti locali.

 
1. La Regione Puglia, tenuto conto degli indirizzi nella politica energetica regionale, nazionale e dell’Unione europea, disciplina gli atti di programmazione e gli interventi operativi della Regione e degli enti locali in materia dì energia, in conformità a quanto previsto dall’articolo 117, comma terzo, della Costituzione, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile del sistema energetico regionale garantendo che vi sia una corrispondenza tra energia prodotta, il suo uso razionale e la capacità di carico del territorio e dell’ambiente.

2. “Nel pieno rispetto dei principi di sussidiarietà, ragionevolezza e leale collaborazione e in assenza di intese con lo Stato in merito alla loro localizzazione, il territorio della Regione Puglia è precluso all’installazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di fabbricazione del combustibile nucleare, di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché di depositi di materiali e rifiuti radioattivi”.

3. Nell’esercizio delle funzioni di rispettiva competenza, la Regione e gli enti locali operano nel rispetto delle condizioni di concorrenza sui mercati dell’energia in conformità alle norme comunitarie e nazionali e nell’assenza di vincoli e ostacoli alla libera circolazione dell’energia.

 
Non è così improbabile che – sulla scia della Puglia – anche altre regioni contrarie all’opzione nucleare si muniranno di simili leggi ad hoc, destinate ad acuire ulteriormente il contrasto tra governo centrale ed enti locali.

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