Milano, 20 gennaio 2010 - 00:00

Italia, vola l'energia eolica nel 2009. Al palo il settore offshore

Cresce in maniera incoraggiante l'eolico in Italia nel 2009 in base ai dati presentati pochi giorni fa da Anev, Aper, Enea e Ises Italia, ma il settore offshore è ancora fermo.

Ben 1114 MW di potenza installati solo l'anno scorso con un aumento su base annua del 30%. Il dato complessivo è di 4850 MW installati, che collocano l'Italia al terzo posto in Europa — dietro a Spagna e Germania — e al sesto posto nel mondo. A livello regionale guida la rapida avanzata dell'Italia la Puglia con 1158 MW totali, seguita dalla Sicilia (1131 MW), la Campania (809 MW) e la Sardegna (585 MW).

Crescono anche le dimensioni media delle turbine che passano da una potenza media unitaria sul totale installato pari a 521 kW nel 2000 a 1144 kW nel 2009. Ancora più evidente la crescita se si calcola la potenza media unitaria delle turbine eoliche installate unicamente nel 2009 che si attesta sui 1.715 kW.

Secondo la stima delle associazioni, sulla base di questi dati, la produzione elettrica dell'eolico è di circa 6,7 TWh/anno, pari a oltre il 2,1% del consumo interno lordo di elettricità. Dati che risultano estremamente importanti sia dal punto di vista delle ricadute occupazionali che meramente economico. Sono infatti circa 20 mila gli occupati nel settore eolico in Italia mentre il giro d'affari complessivo si attesta sul miliardo di euro l'anno.

Dati estremamente positivi quindi, offuscati però, almeno in parte, da una serie di considerazioni negative. Prima fra tutte quelle relativa al comparto dell'eolico offshore. Mentre in Europa infatti il settore cresce a ritmo piuttosto sostenuto in Italia siamo ancora inchiodati al palo con un bello zero tondo di turbine installate in mare.

E' stato presentato, infatti, nei giorni scorsi il rapporto dell'associazione europea dell'energia del vento (Ewea) che testimonia la forte crescita del settore nel 2009 — 577 MW installati pari a +54% rispetto al 2008. Una crescita però che riguarda solo cinque paesi: Regno Unito (284 MW), Danimarca (230 MW), Svezia (30 MW), Germania (30 MW) e Norvegia (2,3 MW). Neanche un megawatt installato per il nostro paese che da diverso tempo si scontra con burocrazia farraginosa e forti opposizioni regionali.

L'unico impianto attualmente in costruzione è quello di "San Michele", in Molise, con 162 MW già autorizzati, solo l'1% degli impianti già autorizzati in Europa. Ben poca cosa, ad esempio, se rapportato ai 2100 MW già autorizzati in Gran Bretagna, vere e proprie briciole se confrontato con il progetto di realizzare 100 GW di impianti eolici offshore (32 GW solo nel Regno Unito), che dovrebbe coinvolgere diverse realtà europee del settore.

Ma non è solo l'eolico offshore il tasto dolente. Mancano ancora, infatti, a distanza di sei anni le linee guida per il procedimento di autorizzazione unica relativo all'autorizzazione e alla costruzione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, sulle quali il Ministero dello Sviluppo economico, il Ministero dell'Ambiente e quello dei Beni culturali hanno trovato un accordo per una bozza nel mese di giugno scorso, dopodiché tutto si è arenato. Stesso discorso per la ripartizione degli obblighi fra le varie regioni, per le infrastrutture energetiche — ancora insufficienti — e per concludere il fatto che rimaniamo degli importatori di tecnologia. Basti pensare che per ciò che concerne le turbine la fa da padrona incontrastata la danese Vestas (44,7%) seguita da Gamesa (18,6%) ed Enercon (14%). Praticamente quasi assenti le aziende italiane. C'è ancora molto da lavorare su questo versante.

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