Milano, 3 agosto 2010 - 00:00

Fotovoltaico meglio del nucleare. L'esempio americano

Il solare fotovoltaico costa meno del nucleare. Lo dimostra uno studio pubblicato recentemente da John Blackburn, professore di economia alla Duke University.

Si chiama "Solar and nuclear costs. The historic crossover" e prova che il solare fotovoltaico è realmente, oggi, un'alternativa ai combustibili fossili, molto più economica del nucleare. Negli ultimi otto anni, infatti, il costo dell'energia solare è sceso costantemente, arrivando agli attuali 16 centesimi di dollaro al kilowattora (12,3 centesimi di euro), mentre l'energia dell'atomo ha compiuto esattamente il percorso inverso. I costi stimati di costruzione dei reattori, circa 3 miliardi di dollari nel 2002, corrispondenti a 2,30 miliardi di euro, sono costantemente lievitati fino ad arrivare a una media di 10 miliardi di dollari (7,68 miliardi di euro) nel 2010. Un esempio in Europa lo possiamo rintracciare in Finlandia, dove il cantiere di Olkiluoto sta diventando un vero e proprio calvario, con ritardi inaspettati e costi aggiuntivi, che per ora, rispetto ai 2,3 miliardi di euro preventivati inizialmente da Areva, si sono attestati sui 2,6 miliardi (vedi Riferimenti).

Fino a oggi l'energia nucleare americana è vissuta principalmente di sussidi (prestiti garantiti e sovvenzionamenti durante la costruzione degli impianti), senza i quali non risulterebbe poi così conveniente. Dal 1943 al 1999 il governo americano ha sborsato 151 miliardi di dollari (116 miliardi di euro) per sovvenzionare le energie "alternative", di questi ben il 96,3% sono andati al nucleare. Con la crisi attuale e con i rischi legati agli imprevisti legati alla costruzione (di cui abbiamo ben chiari gli esempi), è evidente che, oggigiorno, investire nel nucleare è come fare un salto nel vuoto.

"La crisi attuale" scrive Mark Cooper, analista economico presso l'Institute for Energy and Environment della Vermont Law School "ha fatto scendere la domanda di energia a livelli inferiori rispetto a quelli della crisi petrolifera del 1973. La recessione sembra aver causato un cambiamento fondamentale nei modelli di consumo, che abbasserà il livello medio di crescita della domanda di elettricità sul lungo termine". Le stesse considerazioni fatte poco tempo fa su Nextville (vedi Riferimenti) da Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile, che aveva dimostrato, calcoli alla mano, come fosse assolutamente incompatibile una strategia energetica che vedesse affiancati il nucleare e le energie rinnovabili.

"Mentre i costi stimati del nucleare continuano a crescere" scrive Cooper "il potenziale dell'efficienza energetica di ridurre la domanda di energia è assai più economico". L'analista sostiene, infatti, dati alla mano anch'egli, che l'efficienza energetica, la cogenerazione e le energie rinnovabili possono soddisfare il fabbisogno energetico americano al costo di 6 centesimi di dollaro al kilowattora (4,6 centesimi di euro) contro i 12-20 centesimi del nucleare.

"Circa la metà dei progetti d'impianti nucleari di nuova generazione previsti (negli Usa) hanno subito ritardi o cancellazioni. Tutto ciò ha provocato un'escalation di costi e di effetti negativi in termini finanziari". Da questo punto di vista l'esempio americano dovrebbe servire da monito proprio in Italia, dove scellerate politiche energetiche ci stanno portando di nuovo verso il nucleare (vedi Riferimenti). Negli Usa i costi del nucleare vengono pagati da cittadini e contribuenti che si accollano tutti i rischi dell'investimento (sempre più incerto) per gli impianti, mentre i profitti vanno tutti alle "utilities". Un fatto che rientrerebbe nella "normalità" se non fosse che i ritardi, i lunghi tempi di costruzione e gli imprevisti fanno sì che gli utenti inizino a pagare alti prezzi dell'elettricità già dodici anni prima che l'impianto entri in funzione. Calcolando che l'alternativa esiste ed è molto più economica — oltre che sicura — vale veramente la pena accollarsi tanti e tali rischi?

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