Anci Toscana: la Scia non si applica all’edilizia
Non c’è pace per la Scia in edilizia. Mentre il Ministero della semplificazione rassicurava sulla applicazione della nuova disciplina, Anci Toscana con due note del 17 e 27 settembre non è d’accordo.
La Segnalazione certificata di inizio attività, nota come Scia, è stata introdotta nel nostro ordinamento con la legge 122/2010, di conversione del Dl 78/2010, che ha modificato l’articolo 19 della legge 241/1990 (norme sul procedimento amministrativo) sostituendo la dichiarazione di inizio attività (Dia), con la segnalazione certificata di inizio attività (Scia).
Riepilogando brevemente cosa cambia con la Scia rispetto alla dichiarazione di inizio attività del precedente articolo 19 della legge 241/1990, possiamo dire:
• che non si tratta più di una “dichiarazione del’interessato”, ma di una “segnalazione dell’interessato”. Da ciò il nuove nome, Segnalazione certificata di inizio attività;
• la segnalazione è corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà (e non più corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste);
• l’acquisizione di pareri di organi o enti appositi, ovvero l’esecuzione di verifiche preventive, sono sostituite dalle autocertificazioni, attestazioni, asseverazioni o certificazioni di cui sopra, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti;
• l’attività oggetto della segnalazione può essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente (e non più decorsi 30 giorni dalla presentazione);
• in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, nel termine di 60 giorni dal ricevimento della comunicazione, l'amministrazione competente può adottare provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti (a meno che l'interessato provveda a conformarsi alla normativa vigente entro 30 giorni).
Come segnalato anche da Nextville (vedi news precedenti nei Riferimenti), le cose si sono subito complicate per il fatto che il legislatore ha detto che “ovunque ricorra la Dia è sostituita dalla Scia”. Questa sostituzione con un colpo di penna ha creato problemi in molti settori, non ultimo quello edilizio.
Il Ministero della semplificazione era intervenuto il 16 settembre 2010 con una nota per spiegare che la Scia si applica anche agli interventi nell’edilizia, tranne che nei casi in cui sia necessario il permesso di costruire o la cosiddetta “superDia” (articolo 22, Dpr 380/2001).
Ma le spiegazioni ministeriali non convincono l’Associazione dei Comuni della Toscana. Ecco un riassunto delle ragioni della posizione negativa di Anci Toscana:
• il regime della Dia in ambito edilizio (articolo 22 e seguenti, Dpr 380/2001) costituisce un corpo organico di norme caratterizzato da proprie e speciali regole che derogano alla disciplina “generale” (articolo 19 legge 241/1990). Quindi, visto che i principi fondamentali del diritto dicono che una disciplina generale nuova, come è quella della Scia, non abroga una disciplina speciale già esistente, a meno che non lo dica espressamente, la Scia non ha abrogato la Dia del Testo unico edilizia;
• le sanzioni previste dal procedimento amministrativo della Scia non sono idonee a regolare la repressione degli interventi abusivi in edilizia. I canoni sanzionatori dell’ordinamento edilizio (articolo 27 Tu edilizia) divergono sostanzialmente dalla disciplina sanzionatoria dell’articolo 19, comma 3, legge 241/1990;
• il fatto che la Scia, per legge, sia esclusa nelle ipotesi in cui vanno tutelati beni culturali, paesaggistici e ambientali fa ritenere che siano soggetti a permesso di costruire tutti gli interventi su beni vincolati, anche se di minima entità (con effetti paradossali).
Secondo Anci Toscana, l’intervento legislativo e la successiva nota del Ministero della semplificazione (vedi riferimenti) non chiariscono nulla.
Infatti – sempre secondo Anci – se l’intento del legislatore è stato quello di semplificare, non si vede che tipo di semplificazione sia quella suggerita dal Ministero, che vede la coesistenza di Scia (interventi di edilizia “leggera”), Dia (interventi di edilizia “pesante”), SuperDia, laddove prevista dai piani attuativi, permesso di costruire.
La permanenza di tutti questi atti, da applicare in modo diverso a seconda dell’intervento edilizio, non pare assolutamente in linea con le intenzioni del legislatore e la ratio della nascita della Scia.
Nessun chiarimento offre poi il Ministero su che regole applicare in caso di varianti alla Scia, Scia in sanatoria, tempi per la corresponsione degli oneri, e sopratutto sanzioni per interventi eseguiti in assenza di Scia o nel caso in cui la Scia manchi dei presupposti.
L’Anci non intende disconoscere le ragioni semplificatrici della disciplina, solo che ritiene che se la semplificazione deve
avvenire, essa deve comportare un intervento legislativo specifico sul Testo unico edilizia (Dpr 380/2001). Non basta insomma cambiare il nome da Dia a Scia per semplificare in un colpo solo una disciplina complicatissima, che attiene a un settore delicato come il governo del territorio.
Sia consentita una considerazione finale. La materia rimane inestricabile agli occhi degli operatori. Ci sono Comuni che hanno elimitato lo sportello Dia in edilizia, altri che non prevedono la Scia. Se non si può più presentare la Dia, a chi si deve rivolgere chi deve realizzare un intervento edilizio per il quale il Ministero stesso ha dichiarato la permanenza in vita della Dia? E viceversa naturalmente.
E un ultimo, consistente dubbio: poiché tutta la materia inerente le autorizzazioni per gli impianti a fonti rinnovabili è stata via via “assimilata” alla Dia edilizia (già effettuando in qualche modo una forzatura normativa), come si dovranno comportare gli operatori delle rinnovabili a fronte di questa ulteriore zona di incertezza? Nessuno si è ancora espresso al riguardo.
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