Butanolo dai sottoprodotti del biodiesel
Keerthi Venkataramanan, un giovane ricercatore in biotecnologie dell’Università dell’Alabama, ad Huntsville, ha scoperto un nuovo ceppo di batteri in grado di trasformare la glicerina in butanolo.
Ricordiamo che la glicerina (o glicerolo) è il principale sottoprodotto del processo di transesterificazione, che permette la trasformazione dell’olio vegetale in biodiesel.
La transesterificazione è una reazione chimica, il cui principale risultato è la rottura delle molecole dei trigliceridi, cioè degli acidi grassi che caratterizzano l'olio vegetale e che sono alla base della sua elevata viscosità. Il processo di transesterificazione avviene utilizzando un reagente alcolico (metanolo o etanolo), la cui azione è rinforzata e accellerata da un catalizzatore (soda caustica). L'alcol, reagendo con gli acidi grassi, produce da un lato biodiesel e dall'altro glicerolo. Semplificando al massimo: da 1.000 kg di olio vegetale + 100 kg di metanolo si ottengono 1.000 kg di biodiesel + 100 kg di glicerolo.
La glicerina, nella sua forma pura, è un composto utile che può trovare numerosi impieghi in campo farmaceutico, cosmetico e nell’industria alimentare. Il problema è che la glicerina ottenuta dal biodiesel non è in forma pura e risulta quindi inadatta per gli utilizzi più pregiati. E il costo per purificarla è pari a tre volte il suo valore di mercato. Il risultato è che le industrie del
biodiesel si trovano a dover gestire quantità crescenti di glicerina, con scarse possibilità di valorizzazione economica.
Per ogni milione di litri di biodiesel prodotto da oli vegetali o grassi animali, si producono circa 100mila litri di glicerina. E se si considera che nel 2009 negli USA sono stati prodotti più di 2 miliardi di litri di biodiesel e oltre 10 miliardi nella sola Europa, si può comprendere il volume del problema.
Per questa ragione la scoperta di Keerthi Venkataramanan ha un grande valore ambientale ed economico. Venkataramanan sta studiando i batteri Clostidium pasteurianum, un ceppo che vive in profondità nel terreno, di cui ha individuato la capacità di “mangiare” la glicerina convertendola in tre sottoprodotti alcolici: butanolo, propanediolo ed etanolo, più acido acetico e acido butirrico.
I batteri sono in grado di trasformare circa il 30/35% dei propri “pasti” a base di glicerina in butanolo, che tra tutti risulta essere il sottoprodotto più interessante. Il butanolo è comunemente utilizzato come solvente e può anche essere utilizzato come carburante, in sostituzione della benzina. Rispetto all’etanolo, il butanolo ha il vantaggio di non evaporare rapidamente e di avere anche un valore energetico più alto. Per questa ragione viene studiato anche per un possibile utilizzo come carburante negli aerei.
Al momento, lo scopo principale di Venkataramanan è di rendere il processo più efficiente, aumentando la percentuale di butanolo che i batteri possono ricavare dalla glicerina. Quella dell’Università dell’Alabama non è l’unica ricerca esistente per la conversione della glicerina. Diversi gruppi di ricerca stanno studiando a tale scopo diverse varietà di funghi, batteri e alghe. Ma rispetto a queste ricerche, Venkataramanan sostiene di avere un vantaggio: “Il Clostidium pasteurianum è un ceppo assolutamente non patogeno. Un episodio di rilascio accidentale non costituisce un grande problema. L’hai preso dal terreno, e se lo fai cadere lo rimetti semplicemente nel terreno”.
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