Grande idroelettrico, la Corte costituzionale cancella la proroga delle concessioni
La Corte Costituzionale, con sentenza del 13 luglio 2011, n. 205, ha dichiarato l’illegittimità di alcune disposizioni in tema di concessioni idroelettriche fissate dal Dl 78/2010, convertito in legge 122/2010 (articolo 15, commi 6-ter e 6-quater).
La Consulta ha ritenuto pienamente fondate le questioni sollevate dalla Regione Liguria, in merito alla contestata legittimità della proroga quinquennale per le grandi concessioni idroelettriche in scadenza e quella settennale per i concessionari (sempre di grandi derivazioni d’acqua a uso idroelettrico) misti pubblico-privati compartecipati dalle Province.
Nota bene: ricordiamo che l'utilizzo energetico della risorsa idrica richiede il possesso o il conseguimento di una “Concessione di derivazione di acque pubbliche superficiali per uso idroelettrico”.La Concessione ha durata trentennale ed è quindi temporanea, ma rinnovabile alla scadenza. La normativa italiana (legge n. 7/1977) distingue tra “"piccole derivazioni", con potenza nominale media inferiore ai 3.000 kW e "grandi derivazioni", con potenza nominale media superiore ai 3.000 kW. Le Concessioni relative alle piccole derivazioni (in cui rientrano mini e micro idroelettrico) sono di competenza delle Province, mentre le Regioni si occupano delle grandi derivazioni.
Secondo quanto stabilito dal Dl 78/2010, per avere diritto alla proroga, i titolari delle concessioni dovevavo conferire la concessione a società per azioni miste pubblico-privato, compartecipate dalle Province – o da società la loro controllate — in misura minima del 30% e massima del 40% del capitale sociale.
La Corte ha dato ragione alla Liguria, poichè “le disposizioni impugnate ... in quanto attengono alla durata ed alla programmazione delle concessioni di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, si ascrivono alla materia ‘produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia’, attribuita alla competenza legislativa concorrente; poiché pongono un precetto specifico e puntuale – prevedendo la proroga automatica di dette concessioni – esse, inoltre, si configurano quali norme di dettaglio”.
L’illeggittimità della norma nazionale, quindi, deriva soprattutto dal fatto che in una materia come l’energia, devoluta alla potestà legislativa concorrente, lo Stato non può adottare norme di dettaglio contenenti precetti specifici e puntuali.
Ma non solo: secondo la Consulta, “le disposizioni impugnate ... sono incoerenti rispetto ai principi generali, stabiliti dalla legislazione statale, della temporaneità delle concessioni e dell'apertura alla concorrenza, contrastando con i principi comunitari in materia...”. E nonostante il tempo limitato di queste proroghe, esse rappresentano comunque un impedimento al libero accesso di altri operatori al mercato, “ponendo barriere all'ingresso tali da alterare la concorrenza tra imprenditori".
Infine, la Corte ha rilevato come “la previsione della proroga di ulteriori sette anni, rispetto ai cinque di cui al comma l-bis, lettera d) del comma 6-ter dell'articolo 15 impugnato, a favore delle concessionarie-società per azioni a composizione mista pubblico-privata partecipate per una quota minima del 30 per cento e massima del 40 per cento del capitale sociale dalle province e/o da società controllate dalle medesime, si muove in una direzione contraria alle indicazioni fornite a livello comunitario, (procedura d'infrazione IP/05/920), volte ad eliminare un ingiustificato favor riconosciuto a concessionari uscenti e/o aziende controllate da Enti locali”.
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