Milano, 20 luglio 2012 - 00:00

Acqua e cambiamenti climatici, a rischio la produzione termoelettrica

Uno nuovo studio mostra come l'aumento della temperatura delle acque e la diminuzione della portata dei fiumi sta mettendo sempre più a rischio la produzione di energia termoelettrica.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Climate Change e realizzato dall'International Institute for Applied Systems Analysis (Iiasa — organizzazione sovrannazionale di ricerca con sede a Laxenburg, Austria), lancia l'allarme sullo stretto connubio tra cambiamenti climatici, disponibilità idrica e approviggionamento energetico.

Attualmente, la maggior parte dell'energia elettrica consumata in occidente è prodotta da impianti termoelettrici (nucleare e combustibili fossili): il 91% del totale negli Stati Uniti e il 78% in Europa. Come è noto, questi impianti dipendono direttamente dalla disponibilità di risorse idriche per il loro corretto funzionamento. Il calore non utile alla produzione di energia viene, infatti, dissipato servendosi di cospicue quantità di acqua, generalmente prelevate da fiumi o dal mare. Se, per qualche ragione, la portata d'acqua al condensatore di raffreddamento del vapore fosse insufficiente o la temperatura dell'acqua non fosse sufficientemente bassa, è necessario ridurre la produzione di energia elettrica.

Nel corso delle recenti estati calde e secche (2003, 2006 e 2009), diverse centrali termoelettriche, sia in Europa che nel sud-est degli Stati Uniti, sono state costrette a ridurre la produzione a causa della scarsità di acqua per raffreddare gli impianti. Visti i precedenti, quale sarà, nei prossimi anni, l'impatto del cambiamento climatico sulla produzione di energia elettrica da fonte fossile e nucleare? Lo studio in questione ha cercato di rispondere proprio a questa domanda.

Sulla base di simulazioni dei flussi fluviali, è stato stimato che nel complesso i flussi dei fiumi in Europa diminuiranno in media del 13-15%  al 2040 e del 16-23% al 2080. Negli Stati Uniti del 4-12 % al 2040 e del 15-19% al 2080.

Altre simulazioni sono state previste per calcolare le possibili variazioni di temperatura dell'acqua dei fiumi: l'incremento medio previsto in estate (21 giugno — 20 settembre)  è  di 0,7-0,9° al 2040 e di 1,4-2,4°  al 2080 per gli Stati Uniti; di 0,8-1,0° al 2040 e di 1,4-2,3° al 2080 per l'Europa.

Questi dati sono stati poi utilizzati in combinazione con i dati specifici del sistema di raffreddamento di 61 centrali elettriche negli Stati Uniti e 35 in Europa.

Il risultato: a seconda del tipo di sistema di raffreddamento, la diminuzione media estiva della capacità di energia termoelettrica tra il  2031 e il 2060 si attesterà tra il 6,3% e il 19% in Europa e tra il 4,4% e il 16% negli Stati Uniti.

"Concludiamo che il cambiamento climatico avrà un impatto considerevole sulla produzione di energia termoelettrica sia in Europa che negli Stati Uniti, per via dell'aumento delle temperature dell'acqua e la diminuzione dei flussi fluviali specialmente in estate. Le centrali più colpite saranno quelle situate nell'Europa sud e sud-orientale e nel sud-est degli Stati Uniti e quelle che vengono raffreddate pompando direttamente l'acqua fredda nelle turbine; ma effetti non trascurabili li subiranno anche le centrali provviste di torri di raffreddamento".

"Il problema del raffreddamento delle centrali deve essere rivisto" ha affermato Dennis Lettenmaier. "Una soluzione potrebbe essere quella di ridurre la dipendenza dalle fonti di acqua dolce e sostituirle con l'acqua salata" ha aggiunto Pavel Kabat, il direttore dell'Iisia. "Per le future centrali si dovrà pensare sempre più di utilizzare acqua salata e sarà anche necessario optare per le centrali termoelettriche a gas, che usano meno acqua e sono più efficienti di quelle nucleari o a carburanti fossili".

Se ne potessimo anche fare a meno e produrre l'energia servendoci sempre più delle fonti rinnovabili, sarebbe anche meglio.