Blackout e fotovoltaico, le regole del gioco
A partire dal 1° luglio gli impianti connessi in bassa tensione dovranno ottemperare all'obbligo di installare dispositivi anti-blackout.
La questione dell'obbligo di istallazione di dispositivi anti-blackout per gli impianti connessi in bassa tensione dal 1° luglio può sembrare un problema tecnico o per esperti ma si presta a considerazioni di carattere più generale che devono interessare a chiunque intenda entrare nel sistema elettrico come produttore, e a tutti i consumatori, destinatari ultimi del servizio. Un problema tanto più attuale alla luce del blackout che nei giorni scorsi ha lasciato al buio un decimo della popolazione mondiale, in India. Un problema, infine, che aiuta a capire cosa significhi nel concreto il passaggio da un sistema rigido e centralizzato a uno che dovrà sempre più essere caratterizzato da flessibilità e modularità per via del massiccio contributo della generazione diffusa, spesso intermittente, spessissimo da fonti rinnovabili.
Il sistema elettrico deve essere sempre in equilibrio, a ogni ora del giorno e della notte. Se la domanda di energia (cioè i consumi) è 100, la produzione (cioè tutti gli impianti di generazione) deve immettere sulla rete elettrica 100, né più né meno. Se per un motivo qualsiasi (ad esempio un guasto di una centrale o l'interruzione di una linea elettrica) l'equilibrio si spezza, si ha sulla rete un calo di frequenza. Quando si verifica un calo di frequenza, la maggior parte degli impianti connessi in bassa e media tensione (cioè sulle reti di distribuzione, tipicamente gli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ma non solo) si disconnettono automaticamente, rendendo più grave il deficit di offerta e provocando il rischio di un blackout. In casi come questi, il gestore di rete, proprio per evitare il collasso del sistema, deve scollegare alcuni centri di carico (alcuni consumatori) per riportare il sistema in equilibrio.
Un episodio del genere, come riportato giovedì da una nota dell'Autorità per l'energia, si è verificato in Sicilia il 18 maggio 2011, quando, in condizioni di rete isolata dal Continente, la perdita di un'unità di produzione da 150 MW ha provocato un lieve calo di frequenza che a sua volta ha indotto la perdita di 80 MW di produzione da generazione distribuita, per lo più fotovoltaica, rendendo necessario l'intervento degli alleggeritori di carico per evitare il blackout dell'intera isola.
Per evitare situazioni di questo tipo l'Autorità per l'energia ha introdotto a marzo, dopo una consultazione avviata lo scorso autunno e su invito di Terna, l'obbligo per gli impianti collegati dal 1° luglio in bassa tensione (e con scadenze e incentivi anche per quelli in media tensione) di istallare dispositivi che consentano agli impianti stessi di rimanere collegati e immettere quindi energia in rete anche in caso di salti di frequenza.
L'urgenza è dovuta al fatto che in estate la produzione da fotovoltaico è maggiore e la domanda elettrica minore e questo, come segnalato due mesi fa da Entso-E, riduce la flessibilità del sistema perché solo l'eolico può essere “distaccato” in caso di eccesso di produzione, mentre gli impianti fotovoltaici sono per lo più collegati alle reti di distribuzione e il loro controllo remoto è più difficoltoso. Creando un rischio che Entso-E ha definito “inaccettabile” in vista dell'estate, ricordando, tra l'altro, la “Caporetto dell'energia”, cioè il blackout che nel 2003 lasciò al buio l'intero Paese.
Quando l'Autorità per l'energia ha emesso la delibera in questione, in marzo, c'erano più di 14.000 impianti di produzione collegati alla rete in media tensione per una potenza complessiva superiore a 9 GW e più di 320.000 impianti collegati alle reti in bassa tensione per una potenza complessiva superiore a 3 GW.
Il punto, come segnalato dalle associazioni di settore, è che i dispositivi anti-blackout non sono disponibili sul mercato e molti impianti (soprattutto fotovoltaici) già pronti rischiano di non essere collegati alla rete prima dell'entrata in vigore del quinto Conto energia (27 agosto), e di avere quindi incentivi più bassi (o di non averne affatto).
Ora, ci sarà da indagare, come ha detto l'Autorità, sul perché ci sia questo “buco” nell'offerta dei dispositivi. Se qualcuno ha adottato tattiche opportunistiche per lucrare maggiori profitti. E ci sarà da riflettere sugli effetti perversi degli stop and go imposti dal continuo cambiamento delle norme (anche se in questo caso l'evoluzione del fotovoltaico è stata talmente veloce da imporre giocoforza delle correzioni in corso d'opera e comunque stiamo parlando di un business incentivato, per cui, almeno fino a un certo punto, l'incertezza legislativa e regolatoria fa parte del gioco).
Intanto, però, è importante che questo nodo sia venuto al pettine, perché chiunque voglia partecipare al gioco dell'energia deve essere consapevole di tutti gli oneri di cui deve farsi carico. E un imprenditore è tale se riesce, oltre che a fare calcoli su quanti centesimi al kWh gli garantisce il Conto energia, anche a stare al passo con le regole, o ad anticiparle, innovando.
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