Oneri di sbilanciamento, tutto da rifare
Il Consiglio di Stato respinge il ricorso dell'Autorità e conferma il definitivo annullamento della delibera 281/2012/R/EFR con cui aveva preso avvio la revisione del servizio di dispacciamento per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili.
Questa la decisione presa dal Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 2936 del 9 giugno 2014, ribadisce quanto già "correttamente ritenuto" dal Tar Lombardia: le delibere oggetto di impugnazione non sono "conformi ai criteri normativi che impongono, in applicazione di principi generali, che il servizio di dispacciamento venga gestito in modo da assicurare parità di condizioni e imparzialità nel trattamento riservato ai diversi operatori".
Un po' di storia
Ricordiamo che l'Autorità per l'energia, nel 2012, aveva avviato la revisione del servizio di dispacciamento per le unità di produzione alimentate da fonti rinnovabili (programmabili e non programmabili), poi conclusasi con le delibere 343/2012/R/EFR e 493/2012/R/EFR. Tra le novità più importanti introdotte dalla delibera, vi era l'attribuzione dei corrispettivi di sbilanciamento anche all'energia prodotta da fonti rinnovabili non programmabili.
L’annullamento delle delibere
Con diverse sentenze che rispondevano ai ricorsi — tra gli altri — dell'allora Aper (ora assoRinnovabili), Anev e FriEl, il Tribunale amministrativo della Lombardia nel giugno del 2013 aveva annullato tutte e tre le delibere, individuando in esse "effetti discriminatori" nelle modalità con cui i corrispettivi erano stati rivisti dall’Aeeg. Secondo i giudici del Tar, il servizio di dispacciamento, così come è stato regolato dall'Autorità, discrimina le fonti rinnovabili non programmabili senza trarne un effettivo miglioramento della prevedibilità, "tale da giustificare la piena partecipazione dei produttori da fonti non programmabili al mercato dell'energia prodotta da fonti prevedibili".
I Giudici avevano altresì precisato che ciò non significa che i produttori da fonti rinnovabili non programmabii non debbano pagare i corrispettivi di sbilanciamento e possano essere, così, esentati dal contribuire alla sicurezza del sistema: i corrispettivi vanno pagati, ma non secondo i criteri previsti dalla Delibera 281/2012/R/EFR.
Il congelamento della quota residua e l'applicazione delle franchigie
Dopo le sentenze del Tar della Lombardia, l’Autorità aveva sospeso l’attribuzione della quota residua — cioè il pagamento della differenza tra il corrispettivo di sbilanciamento e il prezzo zonale di vendita dell'energia sul mercato elettrico — e aveva chiesto al Consiglio di Stato la sospensione delle sentenze del Tar.
Il Consiglio di Stato, rigettando l’istanza dell’Autorità, aveva stabilito che "nelle more della decisione la delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, oggetto di impugnazione, rimane sospesa limitatamente alle prescrizioni che equiparano le fonti energetiche rinnovabili alle altre fonti".
Sulla base di questo pronunciamento, nell'ottobre del 2013 l'Autorità pubblica la delibera 462/2013/R/EEL, con cui stabilisce che "dall’1 gennaio 2013 (termine di entrata in vigore della deliberazione 281/2012/R/efr) fino alla decisione di merito del Consiglio di Stato in relazione agli appelli proposti dall’Autorità:
— con riferimento ai punti di dispacciamento per unità di produzione alimentate da fonti rinnovabili non programmabili, i corrispettivi di cui al comma 40.3 dell’Allegato A alla deliberazione n. 111/06 si applicano esclusivamente alla quota di sbilanciamento effettivo che eccede il 20% del programma vincolante modificato e corretto del punto di dispacciamento; entro tali franchigie, gli sbilanciamenti imputabili alle fonti rinnovabili non programmabili vengono valorizzati al prezzo zonale orario, con i relativi oneri a carico della collettività".
L'Autorità deve trovare un'altra soluzione
Secondo il Consiglio di Stato "le fonti di produzione di energia elettrica non programmabili sono caratterizzate dal fatto che, pur non essendo oggettivamente impossibile la previsione di energia prodotta ed immessa in rete, tale previsione, in ragione della tipologia della fonte e delle variabili che ne condizionano l'operatività, non può raggiungere lo stesso livello di precisione delle fonti programmabili".
Quindi, di fatto, le delibere impugnate discriminano le rinnovabili e "la riscontrata discriminazione non può ritenersi superata in ragione della previsione di apposite franchigie, atteso che le stesse, come si afferma negli stessi provvedimenti dell'Autorità, non sono differenziate in ragione della tipologia di fonte".
Ma, attenzione, come già sottolineato dal Tar, ciò non vuol dire "che i costi di sbilanciamento causati da tali unità di produzione debbano, come era previsto nel regime previgente, essere socializzati".
In altri termini, anche i produttori di energia da fonti rinnovabili dovranno pagare i corrispettivi di sbilanciamento e contribuire alla sicurezza del sistema, ma non con le modalità contenute nelle delibere finora adottate e ora non più valide.
Secondo il Consiglio di Stato l'Autorità deve "pervenire ad una soluzione che, da un lato, tuteli il mercato nella sua interezza mediante l'imposizione anche alle unità di produzione in esame dei costi di sbilanciamento, dall'altro, introduca meccanismi calibrati sulla specificità della fonte in grado di tenere conto della modalità di produzione dell'energia elettrica e delle conseguenti difficoltà di effettuare una previsione di immissione in rete che raggiunga il medesimo grado di affidabilità che devono garantire le unità di produzione di energia programmabile.
In definitiva, rientra nella valutazione tecnica dell'Autorità il potere di individuare, nel rispetto del principio di parità di trattamento tra gli operatori economici del settore, la modalità di ripartizione dei costi di sbilanciamento che tengono conto della peculiarietà della fonte".
Il plauso delle associazioni del settore
Sia l'Anev che assoRinnovabili si sono dette soddisfatte della decisione presa dal Consiglio di Stato.
"A fronte di questa ulteriore pronuncia, che si aggiunge alle altre precedenti e di pari segno, l’ANEV ribadisce la propria piena condivisione del principio, peraltro ripreso anche dal Consiglio di Stato, che le fonti rinnovabili non programmabili possano contribuire anche loro agli oneri di sbilanciamento, ma solo nei limiti in cui questo non risulti discriminatorio rispetto alle altre fonti, e quindi nei limiti di quanto tecnicamente possibile".
“Un grande risultato per tutto il settore in generale, e per la nostra associazione in particolare – commenta Agostino Re Rebaudengo, presidente di assoRinnovabili, a valle della sentenza. Il percorso è stato lungo e non privo di ostacoli, ma l’importante è che finalmente sia stato posto rimedio ad una disciplina ingiustamente lesiva degli interessi dei produttori di energia pulita ... È con grande senso di responsabilità che intendiamo affrontare la questione dei costi, che resteranno a carico degli operatori. Ci auguriamo, pertanto, che la futura regolazione economica e tecnica che l’Autorità dovrà predisporre, introduca meccanismi equi e calibrati sulla specificità delle singole fonti e che tenga conto delle difficoltà ad effettuare previsioni affidabili di immissione in rete".
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