Milano, 22 giugno 2015 - 00:00

Risparmio energetico: le deroghe ai parametri di altezze e distanze devono essere definite ex ante

È questo quanto sentenziato dal TAR Abruzzo, in risposta al ricorso di un'impresa che pretendeva di giustificare le maggiori altezze e distanze di una palazzina già costruita come deroghe per l'applicazione di pacchetti termici ai solai e ai muri esterni.

La normativa nazionale, per favorire interventi di riqualificazione energetica, prevede agevolazioni nel computo volumetrico degli edifici: già prima con il Dlgs 115/2008 e poi con il Dlgs 102/2014 — di recepimento della direttiva 2012/27/Ue sull'efficienza energetica — sono concesse:

• deroghe su distanze minime tra edifici e computo volumetria per gli edifici di nuova costruzione che adottano sistemi di isolamento (comma 6, articolo 14, Dlgs 102/2014);

• deroghe su distanze minime tra edifici in caso di riqualificazione energetica di edifici esistenti (comma 7, articolo 14, Dlgs 102/2014).

Ma tali deroghe non possono essere utilizzate per sanare, ex post, le irregolarità commesse nella costruzione di un edificio. Questo, in sintesi, quanto stabilito dalla Sentenza Tar Abruzzo 14 maggio 2015, n. 206 (vedi Riferimenti). Vediamo più nel dettaglio la situazione specifica.

I fatti

Dopo la costruzione di una palazzina residenziale, il Comune in cui è sito l'edificio constata irregolarità nei parametri di altezze e distanze e emana un'ordinanza di sospensione dei lavori e quindi di demolizione.

L'impresa costruttrice fa una domanda di sanatoria, in cui illustra come le presunte irregolarità nei computi volumetrici sono dovute all’applicazione ai solai e ai muri esterni di pacchetti termici utili al risparmio energetico. Il Comune rigetta la domanda e l'impresa impugna davanti al Tar il provvedimento di rigetto.

La decisione dei Giudici

La deroga ai parametri di altezza e distanze non può essere conseguenza di una scelta del costruttore, di cui il Comune debba limitarsi a prendere atto o, altrimenti, essere concessa ex post in seguito a una richiesta di sanatoria.

Essa deve essere, invece, la conseguenza di una valutazione effettuata dall'Amministrazione ex ante, e cioè nel corso delle procedure per il rilascio del permesso di costruire (o altro titolo abilitativo utile alla costruzione dell'edificio).

Secondo i Giudici la deroga è "la conseguenza di una valutazione effettuata dall'Amministrazione in ordine al carattere necessario della soluzione prescelta, e quindi rispetto alla possibilità di ottenere i medesimi risultati energetici senza gravare sulle posizioni giuridiche di chi subisce la maggiore altezza e/o i minori distacchi. Non sembra, cioè, che il Comune possa assentire una deroga alle distanze laddove il maggiore spessore dei muri perimetrali possa essere "recuperato" verso l'interno, e perciò non necessariamente verso le proprietà altrui. Analoga considerazione può farsi per l'altezza complessiva dell'edificio, anch'essa in linea di principio comunque contenibile nell'ambito dei parametri vigenti".

Inoltre, la deroga non può essere concessa con un procedimento "finalizzato ad attribuire un titolo postumo sulla base di un mero 'accertamento di conformità', come del resto confermato dal dato normativo secondo cui la deroga è consentita "nell'ambito delle pertinenti procedure di rilascio dei titoli abilitativi di cui al Titolo II del Dpr 6 giugno 2001, n. 380", e quindi non nel procedimento di cui all'articolo 36 (inserito nel Titolo IV)".