Milano, 7 marzo 2018 - 00:00

Tagli incentivi fotovoltaico, la parola passa alla Corte Ue

Il Consiglio di Stato rimette alla Corte di giustizia europea la questione riguardante le riduzioni degli incentivi per il fotovoltaico, susseguitisi negli anni con diverse disposizioni.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 2 marzo 2018, n. 1306, ha deciso che dovrà essere la Corte di Giustizia europea a stabilire "se l'articolo 3, comma 3, lettera a) della direttiva 2009/28/Ce debba essere interpretato ... nel senso di escludere la compatibilità con il diritto Ue di una normativa nazionale che consenta al Governo italiano di disporre, con successivi decreti attuativi, la riduzione o, financo, l'azzeramento delle tariffe incentivanti in precedenza stabilite".

Questo, nonostante la "manifesta infondatezza" delle pretese della società ricorrente, che aveva contestato dinanzi al Tar la legittimità non soltanto della riduzione tariffaria imputabile al passaggio tra Quarto e Quinto Conto energia, ma anche del divieto di installazione a terra di impianti fotovoltaici in aree agricole, disposto dall'articolo 65 del Dl 1/2012). Tutte disposizioni normative che, secondo la società ricorrente, avrebbero violato quanto disposto dalla direttiva 2009/28/Ce in materia di promozione e incentivazione delle fonti rinnovabili.

Sia a parere dei Giudici del Tar (in giudizio di primo grado) che dei Giudici del Consiglio di Stato (in giudizio di appello), non sussiste affatto un contrasto tra la norma nazionale e la disciplina europea, la quale "non delinea un dovere degli Stati di predisporre un immutabile regime di sostegno alla produzione di energia mediante fonti rinnovabili".

Anche la Corte Costituzionale si era pronunciata in merito a questione analoghe con la sentenza 24 gennaio 2017, n. 16, con cui aveva dichiarato pienamente legittima la rimodulazione degli incentivi per gli impianti fotovoltaici sopra i 200 kW, disposta dal Dl 91/2014 (misura anche nota come "Spalma-incentivi").

Tuttavia, secondo Palazzo Spada, il giudice nazionale è tenuto, in linea di principio, ad "interrogare" la Corte Ue su una questione di interpretazione del diritto dell'Unione "anche nel caso in cui, nell'ambito del medesimo procedimento nazionale, la Corte costituzionale dello Stato membro di cui trattasi abbia valutato la costituzionalità delle norme nazionali alla luce delle norme di riferimento aventi un contenuto analogo a quello delle norme del diritto dell'Unione."