Milano, 3 settembre 2021 - 11:53

Fuoco amico sulle rinnovabili

(Per gentile concessione della rivista Materia Rinnovabile)

È il lato oscuro della transizione energetica. L'attacco alle rinnovabili da una parte degli ambientalisti stessi. Si tratta di un attacco che non è nuovo ma che ha ripreso vigore dopo che la strategia di ripartenza post Covid-19 ha messo all'ordine del giorno lo sviluppo delle rinnovabili.

E non è una caratteristica solo italiana. Nella Francia che sta tentando di smarcarsi dal nucleare, per esempio, il conduttore televisivo Stéphan Bern, noto per le sue cronache sulle famiglie reali di tutto il pianeta, ha accusato dalle pagine di Le Figaro la ministra della Transizione ecologica francese, Barbara Pompili, di "ecocidio", a causa del massiccio programma d'investimento d'oltralpe sull'eolico, che Bern ha definito come una fonte d'energia non rinnovabile. Secca la replica della ministra dalle colonne di Le Monde: "Definire l'eolico una fonte non rinnovabile equivale a dire che la Terra è piatta".

In Italia l'opposizione alle rinnovabili sta trovando argomenti, e risonanza sui media, nel paesaggio e nell'agricoltura. In Sicilia, un comunicato stampa di Italia Nostra, ripreso dalle pagine di un grande quotidiano nazionale, ha dato il via all'attacco contro i progetti sul fotovoltaico a terra e proprio sul versante agricolo. Nei testi dell'associazione, giocando con i numeri si punta il dito contro l"occupazione" da fotovoltaico a terra che sottrarrebbe, secondo gli autori, risorse all'agricoltura. È decisamente spettacolare, infatti, l'accostamento dei 14.592 ettari "occupati" dagli impianti, a 28.000 campi di calcio, ma basta una calcolatrice per tradurre gli ettari di "occupazione" in chilometri quadrati (145,92) che sono lo 0,6% della superficie totale dell'isola (25.832 chilometri quadrati). Percentuale che sale all'1,05°/0 se consideriamo il rapporto tra l'occupazione" e la superficie agricola utile della Sicilia, che è di 1.387.521 di ettari. Nel resto dell'articolo, per rafforzare la tesi, si ricorre al solito arsenale come l'assalto da parte di aziende esterne all'isola — scordandosi che la Sicilia possiede la migliore insolazione d'Europa, con una resa media del solare maggiore del 30% rispetto alla Germania — e gli incentivi inesistenti, visto che quelli del Conto energia per il fotovoltaico non esistono più, per i nuovi impianti, dal 6 luglio 2013.

Nell'isola, del resto, trovano sponda, nonostante l'assenso di Greenpeace, Legambiente e Wwf, anche gli oppositori, per motivi paesaggistici, al primo impianto eolico galleggiante del Mar Mediterraneo da 2,9 GWe che dovrebbe sorgere al largo di Trapani. Posizionato a 60 chilometri dalla costa.

E non c'è solo l'Europa nell'occhio del ciclone dell'opposizione alle rinnovabili. Negli Stati Uniti è dovuta intervenire l'amministrazione Biden per tentare di "pacificare" il conflitto tra gli ambientalisti del Nevada e una compagnia mineraria che ha scoperto, al confine con la California, degli ingenti giacimenti di litio, materiale essenziale per le tecnologie green quali l'eolico, l'accumulo e la mobilità elettrica. Oggetto del conflitto una varietà di grano saraceno selvatico che cresce in una remota zona del Nevada. Sempre nello stesso stato si va sviluppando l'opposizione ambientalista a quello che dovrebbe essere il più grande impianto fotovoltaico a terra degli Stati Uniti, 100 chilometri a nord-est di Las Vegas, che sarà composto da un milione di pannelli, per 800 MWp di potenza. Al centro del contendere c'è il fatto che l'impianto potrebbe danneggiare l'habitat di una tartaruga del deserto. Opposizione alla quale partecipa anche la sezione locale di Sierra Club, la più grande e antica associazione ambientalista degli Stati Uniti, che invece a livello centrale si schiera in maniera netta con Biden e per le rinnovabili. Un tentativo di mediazione su deserti e fotovoltaico lo fece fare a Obama nel 2016 la senatrice californiana e democratica Dianne Feinstein con il varo del "Desert Renewable Energy Conservation Plan", e affermando all'epoca: "Non dobbiamo scegliere tra proteggere il deserto o costruire infrastrutture per le energie rinnovabili: possiamo fare entrambe le cose". Una mediazione di alto livello da parte della politica che in Italia è assente.