Energie rinnovabili: in Europa si fa ancora troppo affidamento sulle fossili
Se da una parte l'Unione europea dipende ancora in gran parte dai combustibili fossili dall'altra rimane viva la spinta delle rinnovabili, depotenziata però dalla ripresa dei consumi post Covid.
Obiettivi di decarbonizzazione ancora lontani per l'Europa che continua a fare affidamento in gran parte sulle fonti fossili per il suo approvvigionamento energetico complessivo, come dimostra il rapporto tra combustibili fossili ed energia lorda disponibile (indice che rappresenta la domanda totale di energia di un paese).
Le indagini dell'Eurostat hanno messo in evidenza che nel 2021 ci sono ancora paesi che si affidano quasi totalmente alle fonti fossili, come Malta (96%) con la quota più alta di combustibili fossili nell'energia disponibile lorda, seguita da Cipro e Paesi Bassi (89%), Irlanda e Polonia (88%) e l'Italia che registra un consistente 78%. Solo Svezia (32%), Finlandia (38%) e Francia (48%) hanno quote inferiori al 50%, grazie anche dalla presenza di centrali nucleari.
Nonostante ciò, la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili è aumentata di quasi il 5% tra il 2020 e il 2021. Anche il consumo lordo di elettricità è aumentato principalmente a causa della ripresa economica dopo la revoca delle restrizioni Covid-19. Di conseguenza, la quota di rinnovabili nel consumo lordo di elettricità nell'Ue è aumentata solo di 0,1 punti percentuali, passando dal 37,4% nel 2020 al 37,5% nel 2021.
Parlando di dati, l'eolico e l'idroelettrico rappresentano oltre i due terzi dell'energia totale prodotta da fonti rinnovabili (rispettivamente 37% e 32%). Il restante terzo dell'elettricità proviene dall'energia solare (15%), dai biocarburanti solidi (7%) e da altre fonti rinnovabili (8%). L'energia solare è la fonte in più rapida crescita, si pensi che solo nel 2008 rappresentava l'1% dell'elettricità consumata nell'Ue.
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