La repressione degli attivisti climatici con mezzi assolutamente sproporzionati, mette a rischio non solo il clima ma anche la democrazia.
Protestare per il clima. Negli ultimi mesi si sono svolte una serie di proteste "eclatanti" che hanno tentato di imporre all’agenda politica e mediatica la questione climatica, specialmente dopo il fallimento della COP 27 di Sharm el-Sheikh. Opere d’arte "imbrattate", ma non danneggiate, blocchi stradali e la "verniciatura", con pittura lavabile, dell’ingresso del Senato, sono state alcune delle azioni che hanno tentato di tenere alta la tensione mediatica sul clima.
Si tratta nella totalità delle manifestazioni di fatti che sono stati condotti rigorosamente in maniera pacifica e non violenta e che non hanno arrecato danni a cose o persone, ma che nonostante ciò si stanno reprimendo in Europa con un’inedita durezza. Ai militanti di "Ultima generazione" che hanno imbrattato l'ingresso del Senato, che il 2 gennaio era chiuso e vuoto, è stato accollato il reato di danneggiamento aggravato, ben più grave di quello d’imbrattamento, che prevede una pena fino a cinque anni carcere. Alla fine della manifestazione del Senato uno dei tre attivisti di Ultima Generazione è stato prelevato dall’hotel dove alloggiava e allontanato da Roma prima della sua partecipazione, programmata, alla trasmissione Agorà di Rai 3. E in Europa la situazione non è migliore.
In Gran Bretagna le azioni di Just Stop Oil nell’autunno del 2022 hanno portato a oltre 700 arresti, che diventano circa 2.000 dall’inizio della campagna da aprile 2022, mentre durante l’occupazione dell’autostrada M25 sono stati fermati anche tutti i giornalisti che seguivano la protesta.
In Germania invece 11 militanti climatici a dicembre hanno subito perquisizioni a casa e il sequestro dei dispositivi elettronici alla ricerca di elementi che comprovassero la loro appartenenza a un’associazione criminale. E tutto ciò in un quadro nel quale, per esempio, da una parte i militanti di Extincion Rebellion sono sotto attacco fin dalla loro nascita nel maggio 2018 e la situazione è tale che persino Amnesty International ha lanciato una campagna chiamata "Proteggo la protesta", che ha come obiettivo quello di contrastare i Governi, i quali stanno erodendo il diritto a manifestare per il clima in molte nazioni del Pianeta.
E in Italia si verifica una pericolosa saldatura tra la politica che tende a criminalizzare i giovani che protestano per il clima e i media. Uno dei principali giornali italiani, infatti, nel momento nel quale i manifestanti di Just Stop Oil "imbrattarono" con la salsa di pomodoro il vetro sotto al quale c’è il dipinto di Vincent Van Gogh "I girasoli" diede la notizia tacendo della presenza del vetro che era stata messa in evidenza nel comunicato del museo stesso a commento dell’accaduto, perseverando in questa cronaca anche quando un altro dipinto del maestro dell’impressionismo fu “attaccato” con la polenta. Una logica mediatica inedita, rispetto a dei movimenti di protesta. Nei decenni trascorsi, infatti, i media tentavano di capire le ragioni della protesta e buona parte di essi erano molto critici rispetto agli atteggiamenti dei governi. Anche negli anni settanta.
Nonostante dal 2010 a oggi si siano contati, in Italia, 1.503 fenomeni meteo estremi con 780 comuni colpiti e 291 vittime e miliardi di danni si continua a chiedere, se va bene, ai giovani di protestare, se proprio devono, in sordina, anche davanti al plateale fallimento di tutte le politiche climatiche.
E a nulla sono servite le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che nel suo discorso alla nazione il 31 dicembre, 48 ore prima dell’azione di Ultima Generazione al Senato, ha detto che "La sfida, piuttosto, è progettare il domani con coraggio. Mettere al sicuro il Pianeta, e quindi il nostro futuro, il futuro dell’umanità, significa affrontare anzitutto con concretezza la questione della transizione energetica. L’energia è ciò che permette alle nostre società di vivere e progredire. Il complesso lavoro che occorre per passare dalle fonti tradizionali, inquinanti e dannose per salute e ambiente, alle energie rinnovabili, rappresenta la nuova frontiera dei nostri sistemi economici. Non è un caso se su questi temi, e in particolare per l'affermazione di una nuova cultura ecologista, registriamo la mobilitazione e la partecipazione da parte di tanti giovani”.
Forse non è un caso che questo paragrafo del discorso presidenziale sia quello che è stato meno citato dai media mainstream nazionali. Una chiusura, a questo punto, che non è solo politica, ma anche mediatica e che gli attivisti climatici devono e possono contestare senza essere repressi. Si tratta di una questione cruciale, sulla quale si giocano sia i destini del Pianeta, sia quelli della democrazia.
*direttore di Nextville