Milano, 15 dicembre 2022 - 13:00

Concorrenza da fusione

Le imprese fossili vorrebbero usare la fusione nucleare per favorire il disinvestimento sulle rinnovabili.

È una scoperta scientifica importante, molto importante, quella annunciata ieri dai ricercatori della National Ignition Facility degli Stati Uniti in California secondo i quali, e ci crediamo, gli esperimenti di fusione hanno rilasciato più energia di quella pompata dagli enormi laser ad alta potenza del laboratorio, un risultato fondamentale per la ricerca in campo energetico.

In pratica “iniettando” 2,05 megajoule di energia laser ne hanno emessi circa 3,15 MJ, un guadagno di circa il 50%. Un successo dal punto di vista della fisica che però ben distante dal successo commerciale. Già perché nel complesso l'energia usata per innescare la fusione è stata ben maggiore: circa 300 MJ.

Quindi l’energia ottenuta è circa l’1% di quella realmente immessa. Sia chiaro l’esperimento dei ricercatori energetici statunitensi è una prima pietra miliare che apre una strada, ma che come tutte le strade della scienza non ha un percorso fissato in partenza.

Oltre alla questione della scoperta, bisogna chiedersi come mai questo esperimento riuscito, sia stato presentato con un battage “pubblicitario” che difficilmente troviamo nella storia dell'energia. La comunicazione dei risultati dell’esperimento è stata annunciata al pari di un festival cinematografico o di un evento sportivo, con tanto di coinvolgimento dell'amministrazione Biden al massimo livello. Una cosa inedita per il panorama energetico.

Di sicuro un impegno massiccio sulla comunicazione di un evento del genere ha degli interessi che vanno oltre alle pure questioni energetiche. La prima è sicuramente l’affermazione di un ruolo geopolitico sul fronte delle tecnologie di fascia alta. Non ci si deve scordare, infatti, che su altre questioni, quali lo sviluppo di tecnologie aerospaziali, per le telecomunicazioni e medicali, per esempio, il settore pubblico statunitense oggi vede una sempre più serrata concorrenza da parte di nazioni che anche solo dieci anni fa era impensabile. La corsa allo spazio per esempio vede la concorrenza agli Usa non solo dell’Europa, ma anche di Cina e India e in questo quadro anche solo affermare un primato in un segmento scientifico significa indirizzare grandi investimenti.

Oltre a ciò uno dei problemi fondamentali di amministrazioni come quella statunitense, ma non solo, è quello dell’impreparazione politica al cambiamento di modello energetico che sta avvenendo nei fatti con l’introduzione delle rinnovabili distribuite. La fissione, e l’enfasi che se ne è stata fatta, sembra quasi dire che non convenga investire sulle rinnovabili, visto che la questa nuova tecnologia è “dietro l’angolo”.

È una delle strategie utilizzate dalle grandi imprese fossili, che stanno investendo proprio sulla fusione, per prolungare la vita degli impianti fossili dei quali dobbiamo liberarci da subito, vista l’involuzione del clima.

Non possiamo permetterci d’aspettare un intero ciclo energetico, circa 30 anni, per avviare la conversione energetica. Se continuiamo a emettere CO2 al ritmo odierno per trent’anni arriveremo al 2050 con oltre 475 parti per milione di CO2 in atmosfera e l’escalation per avere un aumento di 3,2°C al 2100 sarebbe a quel punto irreversibile. Per cui bene la ricerca sulla fusione purchè le risorse per questa tecnologia non siano sottratte alle rinnovabili.

*direttore di Nextville