Un colpo di spugna. Si può riassumere solo così il decreto che ha cancellato, nei fatti, tutti gli incentivi per l'edilizia presenti in Italia.
Un colpo di spugna mascherato nel quale i dispositivi rimangono attivi, ma si ritorna alle origini con le sole detrazioni Irpef che per oltre un decennio avevano fatto si che l'efficienza energetica degli edifici non decollasse realmente. Sconto in fattura e cessione del credito avevano superato questo scoglio. Certo il Superecobonus 110% ha sempre avuto dei limiti che chi scrive non ha mai nascosto. A cominciare dalla percentuale troppo elevata che si rende necessaria in una situazione problematica come quella italiana per quanto riguarda il credito e, a cascata, la giustizia civile. È significativo che chi oggi critica “l'enormità” della percentuale del Superecobonus non abbia mai citato l'iper-ammortamento di Industria 4.0 che negli anni scorsi è arrivato a percentuali di maggiorazione fino al 170%. Andava fatta una revisione profonda degli incentivi per l'edilizia, e sarebbe stata necessaria un'operazione da cesello e non da mazza ferrata. Anche perché il patrimonio edilizio italiano è molto particolare, tenendo anche conto che oltre essere molto inefficiente, visto che è composto al 78% da edifici realizzati prima della Legge 373 del 1976 che fissava per la prima volta nel nostro paese degli obiettivi sui consumi energetici. Oltre a ciò l'80% delle famiglie italiane ha una casa di proprietà, frammentarietà che rende complicate operazioni sul patrimonio immobiliare. Il tutto condito dal fatto che siamo un paese a forte rischio sismico con oltre il 44 % del territorio nazionale che è esposto al rischio terremoti elevato e dove risiedono 22,2 milioni di persone. Nonostante ciò sconto in fattura e cessione del credito sono stati cancellati anche per il Sismabonus, come del resto è avvenuto anche per il bonus che incentivava l'abbattimento delle barriere architettoniche.
Rimangono quindi le detrazioni fiscali che hanno dimostrato negli anni passati limiti non indifferenti. Lasciando da parte il 110% facciamo qualche calcolo. Per detrarre il 65% per lavori sull'efficientamento energetico pari a 20.000 euro che sono 13.000 da detrarre in dieci anni – pari a 1.300 euro l'anno – è necessario avere un reddito imponibile di almeno 14.000 euro. Ammesso che non ci siano altre detrazioni Irpef da parte del contribuente. Una condizione al limite? No visto che il 44% dei contribuenti italiani, circa 18 milioni, ha redditi imponibili pari o inferiori ai 15.000 euro. Non solo. A questi 18 milioni dobbiamo aggiungere i circa 1,9 milioni di partite Iva ai minimi che non hanno capienza Irpef e che quindi un incentivo senza sconto in fattura e cessione del credito non se lo possono permettere. Se a ciò aggiungiamo il fatto che per le fasce deboli come quelle a basso reddito è estremamente complesso accedere a una somma così importante con i risparmi, specialmente in un periodo di caro bollette e d'inflazione all'8% o che spesso non si è in grado d'accedere al credito, magari perché si sta pagando il mutuo per l'acquisto, è chiaro che il Governo abbia voluto mettere una pietra tombale su tutti gli incentivi per l'edilizia.
E una simile disparità pone anche un problema Costituzionale. «Da questo punto di vista penso che sia incostituzionale la disparità di trattamento che si pone in essere nei confronti dei cittadini, permettendo di procedere con i bonus solo ai cittadini che hanno una capienza fiscale. – afferma il nostro autore, l'avvocato Francesco Arecco, — In questo caso si viola il principio di eguaglianza sancito dall'Art. 3 della Costituzione, che vieta la differenziazione, di fronte alla legge, di cittadini che abbiano diverse condizioni sociali. Il fatto che un cittadino sia un contribuente nullo o minimo (per vari motivi: non può lavorare, lavora poco o è un pensionato non particolarmente abbiente) non giustifica l'esclusione da un meccanismo che interviene sulle case degli italiani al fine del miglioramento della qualità della vita».
Una pietra tombale che sta passando inosservata, coperta dalla cortina fumogena della “non abolizione” dei bonus visto che sopravvive la detrazione Irpef e dai crediti incagliati per i quali sembra si sia trovata una soluzione attraverso una compensazione con gli F24. E di sicuro il 2023 vedrà un fatturato per gli Ecobonus in edilizia molto inferiore ai 3,5 miliardi del 2019. Con buona pace degli obiettivi di decarbonizzazione, della povertà energetica e dello sviluppo delle filiere edilizie e impiantistiche legate alla sostenibilità che negli ultimi due anni si erano seriamente rimesse in marcia. Quanto ci costerà in termini di competitività del sistema paese e Pil tutto ciò, noi di Nextville lo calcoleremo a fine dicembre 2023.
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Incentivo per interventi di efficientamento energetico in edilizia (cd. "Superbonus 110%") di cui all'articolo 119, Dl 34/2020, convertito dalla legge 77/2020 - Misure urgenti in materia di cessione del credito d'imposta ai sensi dell'articolo 121, Dl 34/2020, convertito dalla legge 77/2020