Milano, 6 ottobre 2023 - 09:55

Riutilizzo in situ acque reflue, regime in base a provenienza

Il riutilizzo in situ, previo eventuale trattamento depurativo, deve essere autorizzato nell'ambito del regime giuridico dell'impianto/stabilimento/installazione da cui originano le acque reflue.

A chiarirlo è il MinAmbiente con la risposta pubblicata il 4 ottobre 2023 (n. 158381) ad un interpello presentato dalla Regione Lazio.

Il Dicastero precisa da un lato che l'attività di riutilizzo di acque reflue presso il medesimo stabilimento che le ha prodotte, pur in assenza di una disciplina ad hoc, "non è soggetta ad alcun divieto assoluto"; dall’altro che pur non essendo il riutilizzo in situ sottoposto al regime autorizzativo previsto per il riutilizzo delle acque reflue (il regolamento 2020/741/Ue e l'articolo 7 del Dl 39/2023 si occupano esclusivamente del riutilizzo irriguo in agricoltura, mentre il Dm 185/2023 esclude espressamente dal proprio campo di applicazione il riutilizzo in situ), non può neanche ritenersi che tale attività sia libera in senso assoluto.

A seconda delle circostanze, il riutilizzo in situ comporta quindi un necessario collegamento ad un'attività industriale "a monte" o una specifica destinazione "a valle", il che porta il Mase a ritenere che tale attività segua il regime giuridico della fattispecie su cui insiste. Il tutto tenendo presente che le acque di prima pioggia e di lavaggio sono soggette, ove esistente, alla disciplina regionale, fatte salve le eventuali disposizioni particolari concernenti gli impianti di stoccaggio rifiuti.

Documenti di riferimento