Il "successo" di Cop 28 altro non è che un diversivo per allungare l'utilizzo delle fonti fossili per decenni.
Grazie a un'accurata e studiata mossa mediatica ecco che arriviamo all'ennesimo accordo storico sul clima con il nuovo testo del Global Stocktake. Prima si è presentata una bozza di documento conclusivo impresentabile per "avvertire" gli stakeholder e i media che si occupano di clima circa la possibilità di precipitare nel baratro del nulla di fatto, dopodiché il giorno dopo ecco che esce dal cappello un testo che "promette" una riduzione del 43% delle emissioni al 2030, del 60% al 2035 e l’obiettivo del net-zero al 2050. Il tutto citando, per la prima volta nella storia delle COP, i combustibili fossili come "responsabili" dei cambiamenti climatici. Cosa che ha permesso al presidente di COP28, Sultano Al Jaber, di professione petroliere, di dire che: «per la prima volta in assoluto, nella storia delle COP abbiamo scritto “combustibili fossili” nel testo». E li si associa alle emissioni climalteranti.
E non solo. Nel testo si trova scritto a chiare lettere, al punto (D): “Transitioning away from fossil fuels in energy systems, in a just, orderly and equitable manner, accelerating action in this critical decade, so as to achieve net zero by 2050 in keeping with the science. “Transitioning away” è più forte del “Phase down” ma molto più morbido del “Phase out” e significa letteralmente “transizione dai combustibili fossili”, ma non verso le rinnovabili, cosa che fisserebbe una chiara road map tecnologica, visto che da una parte si parla dei combustibili fossili che sono fonti gestite da apposite tecnologie, ma a un “generico” obiettivo net zero fissato dalla scienza, per il 2050. Sulle tecnologie da usare in questo punto chiave non c’è nulla.
Al punto successivo (E), troviamo finalmente le tecnologie: “Accelerating zero-and low-emission technologies, including, inter alia, renewables, nuclear, abatement and removal technologies such as carbon capture and utilization and storage, particularly in hard-to-abate sectors, and low-carbon hydrogen production”. Vediamo i numeri di queste tecnologie. Secondo l'IEA – rilevazione del giugno 2023, sull’anno 2020 – il mix energetico primario del Pianeta appartiene per il 79,6% alle fonti fossili, per un 11% ai combustibili rinnovabili e da rifiuti e a un 8,9% alle fonti low carbon come tutte le rinnovabili e il nucleare.
Dai dati dell’IEA si evince che la quota di combustibili fossili consumata nel 2020 è quasi uguale a quella del 1990. In questo arco di tempo di 31 anni e 25 conferenze ONU (dati 2020) sul clima — la quota di combustibili fossili si è ridotta solo del 2,6%, il consumo totale di energia annuale è aumentato del 54%3 e la quota di "combustibili low carbon" è aumentata del 3,2%, passando dal 5,7 all'8,9%. Questo il trend del mondo reale al di fuori delle COP. E ancora sempre l’IEA stessa a commento di una serie di affermazione del direttore Fatih Birol, il 24 ottobre 2023, ha scritto che: «la quota dei combustibili fossili nell'approvvigionamento energetico globale, ferma da decenni a circa l'80%, scenderà al 73% entro il 2030». Bene abbiamo quindi il mondo reale che prevede una diminuzione delle fonti fossili del 7%, e un mondo irreale che vede diminuire nello stesso anno le emissioni del 43%. Basterebbe ciò per archiviare anche l’indicazione di COP 28 al mondo dei sogni. Ma usiamo la calcolatrice. Il 7% della Iea vale una riduzione di CO2 del 8,75%. Una domanda allora. Se la differenza tra l’8,75% di riduzione dell'Iea e il 43% della COP28 è del 34,25%, come si raggiunge praticamente domani questo risultato?
Ovvio che alla luce di ciò tutti i punti chiave del testo sono l'ennesima lista dei “desideri” con una serie di chiavistelli che potrebbero tenere aperte le porte alle fonti fossili per lungo tempo e che offrono uno spaccato del futuro energetico fatto di grandi player, privati o statali, che gestiranno l'energia in futuro “business as usual” ossia in maniera centralizzata e poco democratica. Anche perché bisogna tenere conto dell’inerzia climatica indotta dai cicli energetici che introducono una resistenza al cambiamento di almeno 25 anni una volta che sono consolidati. Una road map – quindi — quella di COP28, da ciò che si legge dai numeri, impraticabile nei fatti, che altro non è che una cortina fumogena. Anzi climatica.
*direttore di Nextville
Foto: Samjith Palakkool