Gas su gas
Milano, 24 gennaio 2024 - 00:39

Gas su gas

Gli indirizzi circa le priorità politiche del Mase mettono nero su bianco la vocazione fossile del Governo.

È sconcertante il nuovo documento “Atto di indirizzo sulle priorità politiche per l’anno 2024 e per il triennio 2024-2026” del Mase, pubblicato di recente. Sconcerta, infatti, la mancanza di numeri e dettagli generale del documento che in tutte le proprie 24 pagine non è altro che un insieme, poco coordinato di una serie di desiderata energetici già visti senza alcun slancio su prospettive future. A parte una sezione. Quella del gas. Questa parte, infatti, è l’unica dettagliata a livelli di piano industriale al punto da fare credere che sia stata scritta da una “parte terza” per il livello d’accuratezza che possiede, al contrario di quelle, scarse, dedicate alle rinnovabili. A pagina 6, infatti troviamo scritto che: «risulta fondamentale sviluppare una strategia di diversificazione degli approvvigionamenti di gas e di maggiore sfruttamento della produzione nazionale. Tale strategia prevede anche il potenziamento delle infrastrutture di trasporto e di stoccaggio e lo sviluppo dell’idrogeno. […] L’Italia potrà, così, candidarsi ad assumere un ruolo rilevante nell’importazione di idrogeno, diventando uno dei principali hub europei, attraverso lo sviluppo del “corridoio sud per l’idrogeno”, in piena attuazione del c. d. “Piano Mattei”». Tradotto si potenzia il gas fossile per predisporre infrastrutture per l’importazione dell’idrogeno, attenzione non produzione, destinato a un mercato che non solo non esiste, ma del quale s’ignora persino la natura. Un capolavoro di fuga in avanti per difendere l’esistente. Immediatamente ecco i dati.

Sul gas fossile.

Si auspica un raddoppio di capacità del Tap, l’aumento dell’importazione di gas metano per 10 miliardi di metri cubi l’anno, specialmente dall’Algeria, si rivendica la creazione di due nuovi rigassificatori galleggianti a Ravenna e Piombino e si annuncia la necessità di potenziare quelli esistenti e la creazione d’altri a Gioia Tauro, Porto Empedocle e in Liguria. Il tutto condito dalla Rete Adriatica del gas in via di costruzione che è «di fondamentale importanza per il superamento delle strozzature sulla rete di trasporto del territorio nazionale e per garantire il trasporto delle ulteriori forniture previste provenienti dagli entry point del sud».

A tutto Hub. Del gas E il documento conclude che: «Questo potenziamento infrastrutturale, unitamente all’elevato grado di diversificazione delle fonti (fossili N.d.R.), consentirà all’Italia, grazie alle caratteristiche del suo mercato e alla sua posizione geografica centrale nel Mediterraneo, di divenire un hub europeo energetico, con evidenti vantaggi per i consumatori finali e per la competitività del nostro sistema industriale». Un capolavoro di dialettica della lingua italiana. Si traggono le conclusioni per completare lo scenario di fornitura fossile dei prossimi anni senza citare né gas naturale, né le fonti fossili. Ma ci vogliamo dimenticare la, scarsa, potenzialità di produzione patria e autarchica del gas naturale? Non sia mai. Ecco a completare lo scenario che arriva un paragrafo che recita testualmente: «Per quanto riguarda il mantenimento/aumento della produzione nazionale di gas, in attuazione del PiTESAI, si sta procedendo a rilasciare e/o prorogare, laddove possibile, i permessi di ricerca gas e le concessioni di produzione gas, implementando misure di potenziamento della produzione nazionale di gas da destinare a prezzi calmierati alle aziende gasivore in difficoltà». Piccolo dettaglio. Destinare a prezzi calmierati una fonte d’energia ad aziende private prima di tutto significa porre in essere degli aiuti di Stato desinati a essere bocciati da Bruxelles, ma soprattutto significa, ed è una cosa significativa per una nazione che vorrebbe essere l’hub del gas, come funziona il mercato dell’energia a livello internazionale. Ragione per la quale un’affermazione di questo tipo deve essere classificata con una sola parola: propaganda.

Rinnovabili nella nebbia

Lasciamo il fossile per approdare alla parte, ben meno dettagliata, dedicata alle rinnovabili, lasciando da parte le varie cortine fumogene energetiche quali il nucleare, i biocarburanti e quant’altro. C’è un paragrafo dedicato all’adeguamento, scontato, della rete elettrica che è nei fatti vista lo scenario di sempre maggiore elettrificazione, un cenno sull’accumulo idroelettrico e su quello elettrochimico, le soluzioni legate alle questioni autorizzative e uno scontato accenno al varo del FER2, atteso da anni e ad altre, vaghe, forme d’incentivazione delle rinnovabili. «Particolare attenzione sarà rivolta allo sviluppo delle fonti rinnovabili e, in particolare, dell’idrogeno verde, del biometano e dei combustibili e carburanti rinnovabili in generale, nonché del nucleare e delle tecnologie per la cattura, utilizzo e stoccaggio della CO2». Se siete alla ricerca di “dettagli” circa la politica industriale, quella vera, per le rinnovabili, rimarrete delusi. Non un accenno agli hub per l’eolico off shore, allo sviluppo manifatturiero dei sistemi fotovoltaici, nonostante abbiamo nel Sud Italia la fabbrica più grande d’Europa di pannelli solari né alla creazione di poli di ricerca e sviluppo sull’accumulo elettrochimico o sull’agrivoltaico, settori nei quali abbiamo ampi serbatoi di conoscenze scientifiche sulla ricerca applicata. Però si entra molto di più nel dettaglio sul nucleare, per il quale si sta realizzando la «Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile (PNNS), all'uopo costituita, che servirà per definire in tempi certi un percorso finalizzato alla ripresa dell’utilizzo dell’energia nucleare in Italia». Quasi del tutto assenti le Comunità energetiche rinnovabili che sono citate solo per un provvedimento del PNRR per: «l’erogazione di contributi a fondo perduto per la realizzazione degli impianti ed incentivi sull’energia prodotta e condivisa», che prevede 2,2 miliardi di euro di contributi in conto capitale per la realizzazione di impianti di comunità fino a 200 kWp nei piccoli comuni fino a 5.000 abitanti.

Linee politiche, queste del Mase, che oltre a ipotecare seriamente il futuro del Paese, consegnandolo per i prossimi decenni alle fonti fossili, mettono seriamente in dubbio il passaggio dal modello energetico centralizzato a quello distribuito, assegnando d’ufficio all’Italia un posto di retroguardia nello scenario della decarbonizzazione e della transizione energetica.

*direttore di Nextville

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