Alla base del rifiuto della transizione ecologica c’è la paranoia sociale. Fenomeno che siamo impreparati ad affrontare
Tutta la modernità è “afflitta” dalla complessità. Una “patologia” crescente che è figlia della conoscenza. Oggi, infatti, la diffusione degli strumenti d'informazione e la loro pervasività a tutti i livelli, supportata da un'enorme base di conoscenza tecnica e scientifica, aumenta la percezione presso strati di popolazione sempre più grandi di questa complessità. Oltre a ciò, le reti sociali diventano sempre più fluide, se non gassose. E chi conosce la dinamica dei fluidi e dei gas sa come essi siano imprevedibili, a mano a mano che ne approfondisce la conoscenza. Ne sanno qualcosa i climatologi, che tentano di razionalizzare il “caos” climatico per capirne le dinamiche.
Russia o Ucraina? Palestina o Israele? Cina o Taiwan? Green o fossili? Queste sono alcune delle questioni sul piatto globale di oggi, per le quali è impossibile avere una posizione netta. E di fronte a tutto ciò il corpo sociale ha spesso un’unica risposta: la “paranoia”. Traccia un ritratto nitido di ciò lo psicoanalista e sociologo Luigi Zoja, che in un articolo su “Il Messaggero” del 28 maggio 2024 afferma: «La paranoia è un processo mentale molto semplificato che fa diventare chiara, inconfutabile, la soluzione a ogni problema. Esiste un nemico: basta identificarlo e distruggerlo». Il problema di fondo è che questo concetto quando sbarca in politica diventa il populismo, prosegue Zoja citando il politologo Colin Crouch. «E quando si va verso la dittatura s’innesta un processo di amplificazione circolare, nel quale il capo usa la paranoia come uno strumento di propaganda e la gran parte della popolazione coltiva e restituisce la paranoia incrementata. La paranoia è granitica ed è irrefutabile perché – prosegue Zoja – non riconosce la contraddizione, perché inverte le cause autorafforzandosi».
Il verde è malvagio
E tutti gli elementi della transizione ecologica oggi entrano in questo meccanismo. Il pensiero paranoico, infatti, attribuisce la complessità umana – e il green è il regno della complessità perché impone il riconoscere di quel molteplice universo molto complesso che è la Natura – a un unico agente malvagio che vorrebbe portarci a stili e modalità di vita “diversi” da quelli odierni. In questa chiave si possono leggere “segnali” mediatici come gli incendi e la scarsa autonomia delle auto elettriche che minano alla radice il diritto alla mobilità, oppure l’intermittenza delle fonti rinnovabili che mette a rischio la “sicurezza” energetica, o ancora il “monopolio” cinese sulla tecnologia, concetto che è perfetto per una qualsivoglia teoria del “complotto ecologico”, considerato che in questo caso il nemico è un demone d’altra cultura, d’altra politica e d’altra fisiognomica. Si tratta, se ci si fa caso, di contenuti che, come ogni paranoia che si rispetti, s’autoalimentano all’interno di una dinamica circolare, nella quale ogni attore ha un suo tornaconto. Il singolo individuo viene rassicurato e trova una comfort zone fatta di semplicità che annulla la scomoda e fastidiosa complessità. I media che alimentano tutto ciò si trovano in un processo di circolarità che ne determina il successo. Il sistema dei social network, che fonda il proprio business sull’isolamento e sulla compartimentazione chiusa delle persone nelle proprie mònadi di Leibniziana memoria, prospera sulla paranoia. E tutto ciò è ben gradito alla politica, considerato che la paranoia circolare si trasforma in voti e quindi in potere, come del resto hanno dimostrato le esperienze dittatoriali del XX secolo.
Incomprensione di fondo
La cosa preoccupante è che dal lato di chi sostiene la transizione ecologica si risponde senza aver capito a fondo il fenomeno. Già il significato stesso della parola “paranoia”, che deriva dal greco antico, dovrebbe rappresentare una traccia. Nóos è il pensiero e para è l’andare al di là. Tradotto: oltre il pensiero. Secondo “The American Heritage Stedman’s Medical Dictionary”, la paranoia è un disturbo psicotico caratterizzato da deliri sistematici, soprattutto di persecuzione o di grandezza, in assenza di altri disturbi della personalità; una forma di sfiducia negli altri estrema e irrazionale. E a ciò Zoja aggiunge che «Nella paranoia il sistema delirante è ben sistematizzato e logico». E infatti vediamo che nella sistematicità della critica alla transizione ecologica vengono miscelati ad arte problemi e concetti diversi, come quelli citati sopra, che sono utilizzati per costruire un contesto “paranoico”. E si tratta di un contesto al quale si tenta di rispondere con delle armi che si rivelano essere, alla prova dei fatti, spuntate, come la razionalità, la costruzione di contesti scientifici, gli insiemi di dati, le relazioni causa-effetto etc. Facciamo un esempio con la scomoda verità – mi perdonerà Al Gore – del clima. Abbiamo la certezza chimico-fisica, supportata da oltre 120 anni di ricerche, circa il fatto che l'anidride carbonica in atmosfera ne aumenta la capacità di trattenere il calore, con un aumento di temperatura, e siamo in grado di calcolare con solidità la quantità di CO2 che immettiamo in atmosfera e l’incremento di concentrazione conseguente. Osserviamo da decenni la relazione stretta tra l’aumento della concentrazione di CO2 e quello della temperatura media del Pianeta. E, nonostante ciò, sono sufficienti una decina di scienziati, la maggior parte neanche climatologi, per mettere in dubbio le certezze scientifiche dimostrate in maniera altrettanto scientifica, usando il metodo scientifico, dell’intera comunità scientifica internazionale dei climatologi, che è composta da oltre 5.000 scienziati. Nel mondo ideale, non solo ecologista, ma anche scientifico, il manipolo composto da questa decina di “guastatori climatici” sarebbe destinato all’oblio, e invece gode delle luci della ribalta. Il motivo di tutto questo risiede nel fatto che si tratta di personalità paranoiche che innescano meccanismi di paranoia di massa, trovando un terreno fertile. Una risposta efficace da parte degli ecologisti è, oggi, ancora tutta da inventare.
*direttore di Nextville