Le emissioni aumentano così come gli sforzi, insufficienti, per contrastarle. Ma per l’Italia questo non è un problema
40, e si sentono eccome. 40 sono i miliardi di tonnellate di CO₂ equivalente emesse nel 2023. Potrebbe sembrare solo un numero, ma non è così. Il “traguardo” di 40 miliardi di tonnellate di CO₂ emesse in un anno, infatti, rappresenta il tetto massimo di emissioni mai raggiunto nella storia umana. E tutto ciò nonostante il forte incremento dell'energia rinnovabile e gli “accordi storici” sul clima. Lo afferma in una ricerca la Statistical Review of World Energy dell'Energy Institute che aggiunge il fatto che, nel 2023, le emissioni climalteranti energetiche sono aumentate del 2%. «L'energia pulita non sta ancora soddisfacendo l'intera crescita della domanda — ha riferito al Financial Times Nick Wayth, amministratore delegato dell'Energy Institute di Londra -. Si potrebbe sostenere che la transizione energetica non sia nemmeno iniziata». Il motivo è semplice. Lo sviluppo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica non tiene il passo con gli aumenti dei consumi anche della sola elettricità, mentre per la sostituzione degli altri utilizzi, come la mobilità con i carburanti, siamo ancora a percentuali irrisorie. Il rapporto afferma che l'uso globale di energia primaria è salito del 2%, un record di 620 exajoule (1 EJ equivale a circa 170 milioni di barili di petrolio). La quota di combustibili fossili nel mix energetico è scesa della percentuale irrisoria dello 0,4%, portandosi all'81,5%. Per dare un’idea: eravamo all'86% nel 1995.
Pianeta in difficoltà
Negli Stati Uniti, il consumo di carbone è diminuito del 17%, contribuendo a far scendere del 2% l'uso complessivo di combustibili fossili del Paese e così arrivando a poco più dell'80% del consumo di energia primaria. L'uso di combustibili fossili in India è aumentato dell'8% e per la prima volta il consumo di carbone ha superato quello combinato di Nord America ed Europa. Sebbene il Paese abbia fatto grandi sforzi per la costruzione di nuova capacità di energia rinnovabile, si tratta di sforzi insufficienti per compensare la grande richiesta d’energia dovuta allo sviluppo dell’attività manifatturiera, che si sta spostando per ragioni sia geopolitiche sia di costi dalla Cina all’India. In Cina, che produce circa il 30% dell'energia mondiale, il consumo di combustibili fossili è aumentato del 6%, raggiungendo un nuovo massimo di 139 EJ, ma il gigante asiatico sta implementato l'energia rinnovabile, con nuova capacità solare ed eolica che ha rappresentato il 63% delle installazioni globali lo scorso anno. E in Cina c’è anche il 50% delle grandi batterie per l’accumulo di energia a livello mondiale.
Italia indifferente
L’Europa in questo contesto appare migliore e non di poco. Nel 2023 la quota di combustibili fossili nel mix energetico europeo è scesa sotto il 70% per la prima volta dalla rivoluzione industriale, mentre il continente continua a ridurre la sua dipendenza dal gas russo dopo l'invasione dell'Ucraina da parte di Mosca e si sta gradualmente allontanando dal carbone. Un primato che non è dovuto solo alla dismissione della manifattura nel Vecchio Continente, ma anche al fatto che a parità di Pil prodotto abbiamo una delle intensità energetiche migliori del Pianeta, e rispetto all’Europa, l’Italia è in pole position con un‘efficienza energetica migliore di quella della Germania. Tradotto: siamo la seconda economia manifatturiera d’Europa, con la migliore efficienza energetica. E nonostante ciò non sfruttiamo questo che potrebbe essere un vantaggio competitivo a vari livelli. L’attuale esecutivo, infatti, con il Decreto Aree Idonee ha sostanzialmente bloccato le fonti rinnovabili che vedranno quest’anno un arretramento rispetto al 2023, anno che ha visto il record di nuova potenza rinnovabile. Secondo la 19esima edizione del Rapporto Comuni Rinnovabili di Legambiente, sono stati installati, nel 2023, 5,97 GW di nuova capacità rinnovabile, con un aumento di 2,6 GW rispetto al 2022 e con il fotovoltaico che fa la parte del leone con 5,23 GW. Un passo avanti dopo anni di stasi che è insufficiente. Infatti, siamo ben distanti dai 12 GW annui necessari secondo Elettricità Futura, l'associazione dei produttori di energia elettrica di Confindustria, per raggiungere gli obiettivi del 2030. Legambiente, basandosi sulla media delle installazioni degli ultimi tre anni, stima che, a questo ritmo, l'obiettivo del 2030 sarà raggiunto solo nel 2046. 16 anni di ritardo.
Per non parlare dell’efficienza energetica. In Europa, infatti, ci siamo distinti per le critiche alla direttiva sulle case green e non c’è all’orizzonte nulla dopo la cancellazione del superbonus, per cui le aziende italiane che hanno sviluppato sistemi e impiantistica per l’efficientamento delle abitazioni rimarranno sostanzialmente senza lo zoccolo duro del mercato interno e penalizzate dall’alto costo dell’energia. E la situazione ha raggiunto il livello d’allarme se si pensa che vasti settori industriali del Nord Italia stanno pensando all’acquisto di elettricità tramite i PPA verso il nucleare francese, senza aspettare la chimera di quello italiano che arriverà nelle migliori delle ipotesi tra una quindicina d’anni. Il tutto per difendere rendite di posizione sul gas delle due maggiori aziende energetiche italiane. Il sistema paese, l’Europa e il clima, per l’Italia, possono aspettare.