Il Governo riscrive il PNIEC sulla base di un nucleare inesistente per continuare a tenere alte le bollette energetiche
Immancabilmente, quasi a scadenza costante di ogni decennio, in Italia si riaffaccia l’opzione nucleare. Una scelta che va contro ogni razionalità energetica. Negli anni Sessanta e Settanta si era progettato un futuro atomico per il Bel Paese che culminò nel 1975, quando il 23 dicembre il Cipe approvò il Piano energetico nazionale (Pen) che prevedeva una svolta verso il nucleare. La road map tracciata dal Pen prevedeva una potenza nucleare installata di 7.400 MWe entro il 1982, di 26.400 MWe nel 1985 e di 62.100 MWe entro il 1990. La motivazione era sempre quella di oggi: i presunti costi inferiori del kWh atomico. La strada, mezzo secolo fa come oggi, era la stessa, seguire ciò che stavano facendo altre nazioni, come Francia e Stati Uniti, ignorando una serie di peculiarità del sistema industriale italiano, come la “naturale” predisposizione all’efficienza energetica e all’economia circolare, le cui basi furono create proprio in quegli anni. Inutile dire che già prima degli incidenti di Harrisburg e Chernobyl il nucleare italiano rimase al palo e i Piani energetici nazionali furono accantonati, dismettendo di fatto tutta la filiera nucleare a monte e a valle dei reattori. Prova di ciò la si vede nei ritardi di decenni nella dismissione delle quattro centrali nucleari e nella realizzazione del, necessario e improcrastinabile, deposito temporaneo delle scorie nucleari. Il tutto in uno scenario che vede un rapido sviluppo delle fonti rinnovabili: secondo Bloomberg nel 2024 s’installeranno 592 GWe di fotovoltaico, che a parità di capacity factor (81,5% per il nucleare e 18% per il fotovoltaico) equivalgono all’istallazione si 106,6 GWe di nucleare. Circa il 25% di tutta la potenza nucleare dei 437 reattori funzionanti nel mondo possiedono una potenza complessiva di 391,398 GWe. Non è un caso che la IEA dia al 2050 il contributo dell’atomo alla generazione elettrica al 9%, una diminuzione in termini percentuali rispetto al 10%, nonostante il lieve aumento in termini assoluti, visto che ci sarà un aumento generale del consumo d’elettricità.
PNIEC atomico
Il Governo italiano nel nuovo PNIEC ha sposato totalmente l’opzione atomica, dando un ruolo marginale alle rinnovabili elettriche. Disattenzione evidente se si vede cosa è successo con la sonora bocciatura da parte del Consiglio di Stato dello Schema Testo unico rinnovabili di cui abbiamo dato notizia. L’esecutivo ha puntato sugli impianti di piccole dimensioni SMR anche per l’improponibilità dei grandi EPR, che in Europa e negli Stati Uniti hanno prodotto ritardi da record e prezzi fuori controllo che sono entrambi triplicati rispetto alle ipotesi iniziali. Peccato che il reattore SMR più avanzato, quello a stelle e strisce Nu Scale, sia fermo nello sviluppo per problemi legati ai rischi finanziari e che l’EdF francese, che di sicuro non può essere tacciata di antinuclearismo, abbia abbandonato l’ipotesi di adottare gli SMR. Nel PNIEC si propone una capacità nucleare di 0,4 GW al 2035, in pratica 11 anni per fare un unico SMR, con un terzo di potenza di una normale centrale a ciclo combinato a gas naturale, e si sale a 7,6 GWe nel 2050 con un 0,4 GWe riservati alla chimera della fusione nucleare. Il tutto senza una parola circa i costi della realizzazione ex novo della filiera nucleare a valle e a monte dei reattori. Costi che saranno di sicuro a carico dello Stato, vista la criticità sul fronte della sicurezza e della strategicità della filiera stessa. Questione alla quale si aggiunge un fatto non banale, che è quello della sicurezza energetica, questione che sta tanto a cuore al Governo al punto d’avere aggiunto il concetto nel nome del Ministero dell’Ambiente che da due anni si chiama anche della Sicurezza Energetica. GB Zorzoli, infatti, in un recente articolo per QualEnergia ha scoperto che «la società russa Rosatom, che detiene il 38% della capacità globale di conversione dell’uranio e il 46% della capacità di arricchimento e il 40% delle importazioni di uranio arricchito dell’UE continua a provenire dalla Russia; se i servizi di Rosatom venissero interrotti, molti impianti nucleari europei potrebbero diventare stranded assets e causare gravi perdite finanziarie, oltre a interrompere la fornitura di energia elettrica». E non solo. Zorzoli nota anche che «nel PNIEC 2024 l’entrata in scena del nucleare viene giustificata, perché “La letteratura scientifica internazionale è concorde nell’affermare che un sistema elettrico interamente basato su fonti rinnovabili, in particolare non programmabili, è possibile, ma non economicamente efficiente”. Affermazione fuorviante, poiché la “concordanza” non trova riscontro nella letteratura scientifica internazionale, dove sul tema esiste un animato dibattito. A titolo esemplificativo, mi limito a citare il rapporto redatto da Fabian Präger e altri cinque accademici, “Evaluating nuclear power’s suitability for climate change mitigation: technical risks, economic implications and incompatibility with renewable energy systems”».
Fantasie atomiche
Insomma: il MASE, e il Governo, sembrano arrampicarsi sugli specchi con il nucleare, con il rischio geopolitico amplificato dal passaggio dalla dipendenza dal gas russo a quella dell’uranio sempre russo, che a questo punto sembra essere una vera e propria “chimera politica ed energetica” tesa a mantenere lo status quo energetico italiano basato sul gas in primo luogo e a fermare lo sviluppo della generazione distribuita, che risiede nel DNA delle fonti rinnovabili affinché non si avveri la profezia di Francesco Starace, che durante un’intervista che gli feci quando era Amministratore Delegato di Enel disse: «L’elettrone avrà una marginalità sempre più vicina allo zero a mano a mano che avanzeranno le fonti rinnovabili». Tradotto: il costo dell’elettricità per cittadini e imprese sarà sempre più basso – quando finalmente si quoterà l’energia in base al prezzo reale di produzione – mano a mano che si svilupperanno le fonti rinnovabili. La realtà è che si stanno buttando, anche attraverso questo nucleare immaginario, le basi per continuare a drenare valore da cittadini e imprese per i prossimi decenni.