Per il secondo anno consecutivo la COP si tiene in un paese a prevalenza fossile che ha intenzione d’aumentare la produzione di gas naturale
Mai come quest’anno ci avviciniamo alla COP29 con un sostanziale silenzio sul clima. Nello scorso decennio, infatti, un paio di mesi prima dell’appuntamento annuale sul clima il dibattito sui media usciva dal letargo e si vivacizzava almeno un poco. Quest’anno nonostante le inondazioni torrenziali che hanno afflitto tutta l’Europa, i cicloni negli Stati Uniti che hanno raggiunto un’intensità mai vista e la temperatura media globale che ovunque in aumento, a due settimane dalla COP29 che si terrà in Azerbaijan tutto tace. Forse perché persino la scelta del luogo è abbastanza infelice. L'Azerbaijan, infatti, sta pianificando un’espansione della produzione di gas fossile, prevedendo di passare dagli attuali 37 miliardi di metri cubi a 49 miliardi entro il 2033, aumento che risponde anche alla richiesta dell'Unione Europea di diversificare le forniture energetiche in seguito alle tensioni con la Russia.
Stato petrolifero
La decisione di ospitare la COP29 in Azerbaijan è stata contestata, anche a causa del ruolo predominante di Socar, la compagnia petrolifera di Stato, nell'economia azera. Il ministro dell'ecologia, Mukhtar Babayev, che presiederà la COP29, ha lavorato per Socar per 26 anni e questo scenario solleva preoccupazioni su potenziali conflitti d’interesse, con accuse rivolte a un governo che sembra favorire i combustibili fossili nonostante gli obiettivi climatici della conferenza. «Dato il ruolo fondamentale di Socar nell'economia dell'Azerbaijan e i suoi stretti legami con l'élite politica del paese, la sua influenza sarà sicuramente avvertita durante i negoziati sul clima a Baku. — ha detto Regine Richter, della ONG tedesca Urgewald che ha curato un rapporto sull’incremento dell’attività fossile dell'Azerbaijan — Mentre ci prepariamo per COP29, non possiamo fare a meno di chiederci: abbiamo messo la volpe a capo del pollaio?».
Oil Vs. rinnovabili
Climate Action Tracker ha classificato come "criticamente insufficiente" l’attività del paese, evidenziando come stia raddoppiando l'estrazione di combustibili fossili anziché investire in energie rinnovabili, anche se è stata creata una azienda statale per l'energia verde la cui attività appare marginale. E a tutto ciò s’aggiunge il fatto che Socar ha ottenuto di recente finanziamenti significativi da istituzioni internazionali per un totale di 6,8 miliardi di dollari dal 2021 al 2023, per progetti estrattivi che vanno nella direzione opposta alla limitazione delle emissioni di gas serra. E infatti il Presidente dell'Azerbaijan, Ilham Aliyev, ha commentato le polemiche replicando secco: «Avere giacimenti di petrolio e gas non è colpa nostra. È un dono di Dio». E se a tutto ciò aggiungiamo che il Portavoce della COP ha replicato che: «L'Azerbaijan sta investendo nella capacità di gas in risposta a una richiesta europea di aumentare le forniture a seguito dell'interruzione delle forniture dalla Russia e tutto ciò è in linea con la logica delle Nazioni Unite che ha spesso ribadito circa la necessità di garantire che la transizione energetica sia giusta e ordinata e l'Azerbaijan sta sviluppando abbondanti risorse solari ed eoliche come parte del suo impegno verso il clima».
Miliardi in difetto
COP29 dovrebbe, tra le altre cose varare il New Collective Quantified Goal (NCQG) che è un obiettivo climatico finanziario il quale, forse, sostituirà il precedente impegno di mobilitare 100 miliardi di dollari all'anno per supportare i paesi in via di sviluppo, stabilito nel 2009, che è fallito visto che è arrivato, durante la sua tormentata vita, al traguardo dei 100 miliardi solo nel 2020, mentre questa cifra è, per il nuovo NCQG la base di partenza. Siamo sempre indietro se si pensa che aumentano i costi economici del clima. Secondo la Banca Mondiale stiamo per superare i 200 miliardi di dollari all'anno solo per i disastri legati al clima. E poi, ironia della sorte, uno degli obiettivi di COP29 è quello di limitare le emissioni di metano, ma non quelle dovute alle perdite derivate dall’estrazione del gas naturale fossile, ma quelle derivanti dai rifiuti organici. Con ogni probabilità l’aumento di emissioni di CO2 per 23,66 milioni di tonnellate, dovute ai 12 miliardi di metri cubi “ordinati” dall’Europa che è sempre meno green, devono essere sembrati pochi visto che lo scorso anno il settore energetico mondiale ha emesso 37,4 miliardi di tonnellate (GtCO₂), con un incremento dell’1,1% rispetto al 2022, pari a 410 milioni di tonnellate in più. In fondo questi miseri 23,66 milioni di tonnellate sono solo il 5,77% dell’aumento annuo e lo 0,063% delle emissioni totali. Nel frattempo la CO2 in atmosfera oggi è di 423,8 parti per milione (ppm), mentre un anno fa era di 419,1 ppm. Appuntamento l’anno prossimo a Belém, capitale dello stato di Pará, nell’Amazzonia brasiliana, al sicuro dalle fonti fossili e vicino al cuore verde del Pianeta. Ma non è detto visto che, l’azienda petrolifera di stato brasiliana, Petrobras ha annunciato un aumento delle attività estrattive nell’ambito del suo piano strategico 2024-2028, cosa che prevede investimenti per 102 miliardi di dollari, destinati a esplorazione e produzione di petrolio e gas, con 13 nuove piattaforme estrattive off shore.
*direttore di Nextville
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