Autarchia fossile
Milano, 13 novembre 2024 - 11:37

Autarchia fossile

L'elezione di Trump è un duro colpo per il clima, ma sul lungo periodo gli Usa potrebbero uscirne sconfitti

Con il risultato delle elezioni statunitensi e il potere che è più che mai saldamente nelle mani di Donald Trump, la questione dei cambiamenti climatici assume tratti decisamente foschi. Donald Trump ha promesso in campagna elettorale di smantellare le politiche climatiche nazionali e internazionali, facendo uscire per l'ennesima volta gli Stati Uniti dall'Accordo di Parigi, ma anche dagli organi delle Nazione Unite come l'IPCC, per rendere definitivo l'abbandono da qualsiasi attività, politica e scientifica, che abbia a che fare con il clima. E tutto ciò proprio nel momento in cui il mondo della scienza dice a gran voce che "il tempo sta scadendo", al punto che secondo l'osservatorio europeo Copernicus il 2024 sarà l'anno più caldo di sempre, con un aumento della temperatura media di 1,55°C sul 1880. E se da un lato c'è la determinazione di Trump nel sistematico smantellamento delle politiche energetiche e climatiche degli Stati Uniti, su un altro fronte si sono levate molte voci di segno opposto. «Questa volta siamo più preparati», così Jonathan Pershing, ex inviato speciale per il clima, sottolineando il fatto che al contrario del 2016 in questi anni siano state elaborate strategie, scenari e tattiche per contrastare la propaganda negazionista anti-climatica. «Non lasceremo che il progresso venga annullato senza combattere», afferma Cristina Tzintzún Ramirez, presidente di NextGen America, mentre Manish Bapna del Natural Resources Defense Council sottolinea che «useremo ogni leva a nostra disposizione per proteggere l'ambiente».

Opinione pubblica

Dalla sua parte Donald Trump ha un'opinione pubblica interna che non ha messo al primo posto il clima, che alcuni sondaggi hanno posto al 17° posto su 21 nella scala di priorità dell'elettorato statunitense; tuttavia, sul fronte internazionale potrebbe rimanere isolato. Nel 2016 nessuna nazione seguì gli Stati Uniti nell'abbandono dell'Accordo di Parigi, mentre oggi nel contesto internazionale abbiamo la Cina che ha imboccato con decisione la strada delle energie decarbonizzate. Ciò che sembra prospettarsi è una sorta d'autarchia energetica fossile da parte degli Stati Uniti, che potrebbero trincerarsi dietro la propria produzione interna per eliminare ulteriori sviluppi delle rinnovabili, ma alcune armi di Trump potrebbero ritorcersi contro gli Stai Uniti stessi. La riduzione radicale, se non l'annullamento, dei finanziamenti legati all'Inflaction Reduction Act (IRA) avrebbe come effetto quello di frenare l'innovazione nelle fonti rinnovabili e nell'efficienza energetica, relegando le aziende statunitensi alla retroguardia, mentre il taglio dell'IRA avrebbe grandi effetti sugli Stati a guida repubblicana che, ironia della sorte, sono stati i maggiori beneficiari del provvedimento del democratico Biden. In più, l'applicazione indiscriminata di dazi sulle tecnologie verdi avrebbe come effetto quello d'impedire l'accesso delle imprese a stelle e strisce alle tecnologie, come quelle per l'efficienza energetica nella manifattura industriale, che consentono di migliorare la produzione anche in termini economici.

Boomerang climatico

Trump, in realtà, punta alla drastica riduzione dei costi dell'energia per aumentare la competitività interna, non capendo che è una strategia perdente sul medio-lungo periodo. Dopo quattro, o forse otto anni, di autarchia fossile, infatti, le aziende statunitensi si troveranno nuovamente sul mercato in un contesto radicalmente cambiato, con la Cina, l'India e, forse, l'Europa – ma su quest'ultima ho forti dubbi – che avranno posizioni di leadership in campi come le tecnologie verdi, l'auto elettrica, l'aerospazio e i microchip, considerato che avranno avuto campo libero in un mercato da quattro miliardi di persone. Certo, l'aumento delle emissioni da parte degli Stati Uniti e il rallentamento della "tensione climatica" internazionale sposteranno indietro le lancette dell'effetto serra di almeno dieci anni, affermano gli ambientalisti della "storica" associazione statunitense Sierra Club. Facendo accumulare nell'atmosfera almeno 500 mila tonnellate di CO2, delle quali non si sentiva il bisogno. A meno che non si alzino forti le voci delle comunità interne e internazionali contro la follia climatica di Donald Trump. Follia? Negli anni settanta le stesse voci vinsero la guerra del Vietnam, costringendo gli Stati Uniti all'abbandono.

*direttore di Nextville