Atomo vecchio
Milano, 2 aprile 2025 - 14:53

Atomo vecchio

L'Italia vuole tornare al nucleare con i piccoli reattori SMR, che non esistono, e sono già falliti

Soluzioni semplici per problemi complessi. Questo è l'approccio del Governo italiano rispetto al nucleare che è stato inserito nel Pniec e ha trovato una “definizione”, se così si può chiamare, nel disegno di legge passato al Consiglio dei Ministri il 28 febbraio 2025. In questo provvedimento il Governo ritiene imprescindibile dotarsi di una fonte di approvvigionamento elettrico in grado di garantire una produzione continua nel tempo, ritenendo che gli obiettivi di decarbonizzazione e di indipendenza energetica difficilmente possano essere conseguiti affidandosi esclusivamente alle fonti rinnovabili, che sono caratterizzate, secondo il Governo, da una produzione non programmabile e da una prevedibilità limitata. E su questo punto ci sarebbe già da discutere, perché tale approccio sembra guardare a una rete elettrica degli anni Sessanta e non alla rete italiana, che ormai ha già intrapreso, da oltre venti anni, la via della massiccia digitalizzazione e gestisce con successo oltre due milioni di impianti a fonti rinnovabili intermittenti. Se a ciò aggiungiamo il fatto che in Italia abbiamo 9 GW di pompaggi idroelettrici, che potrebbero aumentare, con il repowering degli impianti, la capacità al 2030 di 8 miliardi di metri cubi di biogas che potrebbero alimentare una parte dei cicli combinati esistenti, e che abbiamo un buon potenziale di geotermia ad alta entalpia, magari a ciclo chiuso non inquinante, appare chiaro che il ragionamento del Governo è rivolto al passato. Ma lo è a livello tale che, oltretutto, l'Esecutivo non tiene conto delle prossime trasformazioni della rete, che con il demand e response, magari gestito dall'intelligenza artificiale, e l'uso dell'accumulo diffuso rappresentato dalle batterie domestiche e da quelle delle auto, ridurranno di molto le esigenze di avere della “potenza continua” per realizzare servizi di rete. Invece l'Italia punta, secondo lo scenario delineato nel Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (PNIEC), a coprire con l'atomo una quota compresa tra l'11% e il 22% della domanda nazionale, corrispondente a una capacità installata tra gli 8 e i 16 GWe.

Scelta atomica

La scelta dell'Italia va verso le tecnologie nucleari emergenti – tra cui gli SMR (Small Modular Reactor), gli AMR (Advanced Modular Reactor), i microreattori e i sistemi basati sulla fusione nucleare – che, pur essendo ancora in fase di sviluppo, sono progettate per garantire elevati standard di sicurezza e di efficienza. E secondo il Governo l'attuale intervento normativo non incontrerebbe ostacoli nei referendum che, nel 1987 e nel 2011, portarono alla rinuncia dell'Italia all'utilizzo dell'energia nucleare, e ciò trova fondamento anche nella giurisprudenza costituzionale, la quale riconosce che le abrogazioni referendarie rappresentano un vincolo solo laddove, successivamente, non si sia verificato alcun mutamento del quadro politico o delle condizioni di fatto (Corte costituzionale, sentenza n. 199/2012).

La ricetta per fare ciò, però, sarebbe lo sviluppo di una serie di sistemi tutt'altro che nuovi concepiti a cavallo del millennio, come IRIS, lanciato da Westinghouse nel 2000, oppure ISIS, un reattore a immersione la cui origine è del 1987, come è dimostrato da un documento di Ansaldo Nucleare per la conferenza internazionale “Nuclear Option in Countries with Small and Medium” che si è svolta a Opatija, in Croazia, dal 7 al 9 ottobre del 1996. Oltre a ciò, questo nuovo nucleare vede già una serie di fallimenti.

Primo fallimento

La statunitense NuScale Power avrebbe dovuto costruire una centrale con sei SMR da 77 MWe ognuno, per un totale di 720 MWe, entro il 2029 presso l'Idaho National Laboratory del Department of Energy (DOE). Il progetto è stato annullato per l'impennata dei costi che sono passati da 3,6 miliardi di dollari per 720 MWe a 9,3 miliardi per soli 426 MWe residui, con 4,2 mld$ che sarebbero stati coperti dal DOE e dall'Inflation Reduction Act (IRA), lasciando 5,1 mld$ ai privati. Il tutto con un prezzo dell'energia di 89 $/MWh, cifra già ridotta dall'IRA, senza il quale il costo sarebbe stato di 119 $/MWh. La cancellazione del progetto è costata, inoltre, il posto di lavoro a 154 persone, il 28% dei dipendenti di NuScale Power, e il titolo dell'azienda è crollato del 30%. Si tratta di un duro colpo per l'unica azienda che ha ottenuto, a oggi, l'approvazione negli Stati Uniti per un SMR. E i costi con ogni probabilità sono dietro al disinteresse verso gli SMR da parte della nazione più “atomica” di tutto il Pianeta: la Francia.

Fallimenti atomici

Se non bastasse questo fallimento, il 29 ottobre 2024 segna un altro passo indietro per il “nuovo nucleare”. Ultra Safe Nuclear Corporation, azienda statunitense attiva nello sviluppo dei Micro Modular Reactor (MMR), reattori di piccole dimensioni, da 1,5 a 15 MWe, ha depositato istanza di fallimento. L'azienda si occupava di unità ancor più ridotte rispetto ai più noti Small Modular Reactor (SMR). Ultra Safe Nuclear Corporation è ora soggetta alla supervisione fallimentare del tribunale del Delaware (il paradiso fiscale a Stelle e Strisce), in conformità con il Chapter 11 del codice fallimentare statunitense, che tutela i creditori durante le ristrutturazioni finanziarie. L'azienda ha infatti avviato un processo di vendita controllato, raggiungendo un accordo preliminare con Standard Nuclear per una cessione da 28 milioni di dollari. Poiché i suoi reattori MMR sono ancora in fase sperimentale, Ultra Safe Nuclear Corporation ha registrato ricavi molto limitati rispetto alle perdite operative, compensando il deficit con finanziamenti azionari. Secondo la United States Bankruptcy Court, un round di raccolta fondi iniziato nel 2022 aveva suscitato l'interesse di diversi finanziatori, a condizione che l'azienda trovasse un investitore di riferimento. L'investitore era stato individuato, ma i fondi necessari per completare l'operazione non sono mai arrivati. In pratica, per continuare l'attività l'azienda mette in stand by gli MMR e fa affidamento alle commesse pubbliche, attraverso fondi della difesa e dell'aerospazio. Con buona pace di chi sostiene che il nuovo nucleare possa reggere da solo sui mercati.

Criticità atomica

Oltre a ciò, sono molti i tentativi di sviluppare progetti SMR che sono stati abbandonati a causa delle sfide economiche e tecnologiche. Eccone alcuni:

• ASTRID in Francia, che il governo francese ha abbandonato nel 2019, era un reattore veloce di piccole dimensioni che puntava a diventare un prototipo per i futuri reattori SMR;

• mPower negli Stati Uniti, che nonostante il supporto governativo Babcock & Wilcox ha rinunciato alla costruzione, non riuscendo a raggiungere la sostenibilità economica;

• MidAmerican Energy, TerraPower e altri hanno rinunciato a sviluppare SMR, spesso per l'impossibilità di trovare investitori o per le restrizioni governative sul commercio nucleare con la Cina, unico Stato disposto, forse, ad accollarsi oneri economici per decenni come ha fatto con i due EPR britannici da 1.600 MWe di Hinkely Point 2.

Alla luce di ciò ci si chiede perché un paese che ha scelto per due volte di uscire dal nucleare e che non ha mai avuto una filiera dell'atomo ben definita e consolidata debba scegliere di intraprendere una strada tutto sommato nuova che pone non pochi problemi sul fronte della creazione di valore industriale e dove il rischio d'errore con conseguenze pesanti è dietro l'angolo. L'Italia è un mercato energetico ricco a rischio d'evaporazione economica, visto che da noi il fotovoltaico ha una resa alta, mentre di vento al largo degli 8.000 km di coste ce n'è in quantità. Le rinnovabili abbassano i costi dell'elettricità, come dimostra l'esperienza della Spagna, e allora ci si chiede perché si punti su una fonte come l'atomo, che promette prezzi alti e fissi per i prossimi 40 anni. Basta affidare al nucleare il 10% della generazione elettrica per mantenere i prezzi elevati, magari anche a costo di truccare le carte, o meglio i numeri. Anche rimettendoci qualcosa. Un investimento, magari in perdita di 50 miliardi in 25 anni, due miliardi l'anno, per difendere un mercato che ne vale 40 l'anno, di miliardi, ha un senso per i fornitori d'energia da fonti fossili che vogliono difendere i loro extraprofitti, ma non per i cittadini e il sistema paese. Con ogni probabilità la scelta del nucleare in Italia va in questo senso.