Il blackout iberico è stato un'occasione per attaccare le rinnovabili, ma le analisi smascherano la propaganda
È stato uno dei più grandi blackout in Europa quello che ha colpito Spagna e Portogallo il 28 aprile 2025, ed è stata l'ennesima occasione sfruttata da certi media nostrani che sono in prima fila nell'accusare la transizione energetica di tutti i mali possibili. Tradotto: le energie rinnovabili sono inaffidabili, meglio il nucleare. E quale occasione migliore se non quella di colpire la Spagna che, con una percentuale di produzione elettrica nei primi mesi del 2025 da rinnovabili del 57,5%, ha registrato giornate in cui il 100% della domanda elettrica nazionale è stata coperta da fonti rinnovabili? Che il 29 luglio 2024 ha dato il via libera a oltre 28 GWe di nuova potenza rinnovabile, di cui circa il 90% fotovoltaica, approvando 283 progetti (239 fotovoltaici, 43 eolici e 1 idroelettrico di pompaggio)? Che ha una banca di stato che ha ratificato il fatto che le rinnovabili hanno contribuito alla diminuzione del 20% del prezzo dell'elettricità, cosa che ha consentito al paese iberico un +3,2% di Pil nel 2024, superando le previsioni del Governo che ha indicato un +2,7% e, tenetevi forti, ha previsto l'uscita dal nucleare entro il 2035? Avete voluto il “paradiso energetico fatto di rinnovabili”? E invece vi arriva l'inferno del blackout. Questa è stata la logica di giornali come Libero e La Verità, alla quale si sono associati, anche se con toni nettamente diversi, anche La Repubblica e Il Corriere della Sera. Dimenticandosi qualsiasi prudenza anche in virtù del fatto che nel 2021 per il blackout del Texas si accusarono le rinnovabili, mentre le vere colpe ricadevano su impianti a gas e carbone. Per ricostruire ciò che è avvenuto senza pregiudizi sono utili alcune informazioni che ha dato su Substack Luigi Moccia, primo ricercatore del CNR.
Il blackout iberico potrebbe non essere stato causato dal solare o dall'eolico, — il condizionale è d'obbligo vista la scarsità di notizie che arrivano dal gestore della rete e dal governo spagnoli - bensì da una pianificazione miope, da reti poco interconnesse e da un cronico sottoinvestimento in tecnologie di supporto. È l'ennesimo segnale di allarme che ci dice chiaramente dove stanno le vere fragilità del sistema elettrico: non nella produzione rinnovabile, ma nella sua cornice infrastrutturale.
Rinnovabili inaffidabili? No
A smentire chi crede che solo le reti con alta penetrazione di rinnovabili siano soggette a blackout ci sono decenni di storia elettrica europea. La Francia nucleare ha visto blackout significativi nel 1978, 1987 e 1999. Nel 2003, un guasto a un reattore nucleare svedese ha fatto crollare l'intera rete del paese in pochi minuti. Sempre nel 2023, un blackout italiano partì da una linea in Svizzera e non aveva nulla a che vedere con le rinnovabili, che del resto all'epoca erano agli albori della loro applicazione. Persino nel 2024 il “modernissimo” reattore finlandese Olkiluoto 3 ha perso 1.600 MW in un colpo solo, mandando la rete nordica in crisi, salvata dall'accumulo e dagli “odiati” veicoli elettrici che possono, quando sono allacciati alla rete, fornire servizi di rete, come ha dimostrato un'esperienza fatta negli anni scorsi dall'Enel di Francesco Starace. In Danimarca.
Cosa è successo il 28 aprile?
Secondo Red Eléctrica de España, il blackout è stato innescato da due eventi in rapida sequenza che hanno portato al distacco di 15 GWe (pari al 60% del fabbisogno spagnolo) a quell'ora e che in quel momento erano in produzione, seguiti da una forte oscillazione sull'interconnessione con la Francia. E si faccia attenzione: l'interconnessione attuale tra Spagna e Francia vale appena il 2% della capacità europea e la Francia, probabilmente, ha ritardato progetti strategici di connessione, come il cavo sottomarino nel Golfo di Biscaglia, per evitare che una eccessiva penetrazione delle rinnovabili iberiche abbassasse il prezzo del costoso nucleare francese.
Collasso da isolamento
Tutto ciò ha portato all'isolamento della rete iberica e al collasso a cascata dei generatori. Tradotto: la rete si è spenta non a causa dei pannelli fotovoltaici o delle pale eoliche, ma per carenze strutturali della rete, in primis l'isolamento elettrico della Penisola Iberica dal resto d'Europa. Del resto, 15 GWe in piena produzione (erano le 12:30) di fotovoltaico non possono staccarsi dalla rete per avaria, visto che si tratta di migliaia d'impianti, così come sarebbe decisamente improbabile l'avaria contemporanea di 15 reattori nucleari come gli AP1000. Ragione per la quale non è la fonte la responsabile del blackout, ma la rete.
E nella ripresa di tutte le centrali nucleari spagnole che sono finite in emergenza, passando al raffreddamento con gruppi diesel, nessuna ha contribuito al ripristino della rete. Al contrario, hanno richiesto sforzi straordinari per essere riconnesse in sicurezza. I sistemi che davvero garantiscono una ripresa efficace e rapida sono altri. Primo fra tutti, l'idroelettrico a pompaggio: l'Italia ne ha 7,6 GW, la Spagna solo 3,3. E durante il blackout in Spagna solo 1,4 GW erano attivi, e anche in Italia si usano poco, visto che non sono a disposizione di Terna ma sono rimasti in carico a Enel che li usa, o meglio non li usa, per esigenze di puro mercato.
Batterie protagoniste
Più grave è il ritardo spagnolo nelle batterie: appena 0,06 GW installati contro i 0,9 del Sud Australia (che ha una rete 16 volte più piccola) e gli 11 GW del Texas. Le batterie, non il nucleare e il fossile come il carbone, garantiscono una risposta in millisecondi a un collasso di rete. Bisogna ricordare che una delle centrali più lente a ripartire dopo il blackout del 2003 in Italia fu la Federico II di Brindisi, che all'epoca aveva quattro gruppi a carbone per 2.640 MW di capacità. Questa crisi, secondo Moccia, è diventata terreno fertile per la solita propaganda nucleare e fossile. Gli stessi think tank che nel 2021 hanno mentito sul Texas sono oggi in prima fila nel gettare fango sul solare e l'eolico iberico, usando un lessico tecnico volutamente confuso per delegittimare una transizione energetica che minaccia interessi consolidati. Parlano di “inerzia”, di “masse rotanti”, di “stabilità primaria”, ma omettono di dire che i moderni grid-forming inverters possono garantire tutto ciò, visto che sono in grado di generare e regolare autonomamente la tensione e la frequenza della rete elettrica. Del resto, in un'economia di puro mercato, come la nostra, gli investimenti infrastrutturali di rete sono visti come dei costi. Si pensi che l'evoluto Giappone usa al suo interno le frequenze di rete di 50 e 60 Hz, con tutte le complicazioni del caso, oppure al fatto che negli Stati Uniti la rete è datata e non riesce a stare al passo con lo sviluppo dei data center. E comunque tutte le reti elettriche sono profondamente obsolete rispetto all'aumento della domanda che è previsto.
Contesto importante
Quindi, se analizziamo il contesto, ci si rende conto che alle radici del blackout spagnolo non ci sono le rinnovabili, ma la scarsa pianificazione dell'adeguamento dell'infrastruttura di rete, unita alle liti da cortile circa il mercato elettrico tra Francia e Spagna per l'interconnessione. Da notare il fatto che pochi giorni dopo, il 1°maggio, in Italia abbiamo avuto condizioni simili di fornitura e produzione elettrica a quella spagnola, con il fotovoltaico con i suoi 38 GWp di capacità installata che nelle ore centrali del giorno è diventato la fonte elettrica principale e ha portato per ben otto ore il prezzo dell'elettricità a zero. Complice una domanda di 26-30 GW rispetto ai 40-45 GW tipici dei giorni feriali. Ci sono stati diversi distacchi d'impianti fotovoltaici, ma nessun blackout. Ovviamente, visto che “fa molto più rumore un albero abbattuto che una foresta che cresce”, il mancato blackout non ha fatto notizia.