Reazionari all'attacco
Milano, 1 luglio 2025 - 12:14

Reazionari all'attacco

Il pensiero neoreazionario potrebbe azzerare in maniera definitiva il Green New Deal, anche a causa della debolezza del pensiero ambientalista

Il Green New Deal è in crisi. E non si tratta di una crisi momentanea, ma strutturale, che deve essere risolta, pena la sua completa marginalizzazione. E le motivazioni sono sostanzialmente due. La prima è la costante sottovalutazione da parte delle forze progressiste ed ambientaliste delle questioni sociali derivate dai cambiamenti. Occupazione, sanità, welfare e reddito, dopo essere stati il patrimonio fondante della cultura progressista per decenni, sono stati marginalizzati esattamente quando il sistema liberista ha iniziato ad attaccarli, per polarizzarne il valore verso l'alto dei corpi sociali, con il paradosso che le forze ecologiste, entrate in campo negli ultimi anni del secolo scorso, non si sono occupate del “sociale”. La seconda questione è quella dell'eccesiva fiducia nelle tecnologie. Per molto tempo la soluzione ai problemi ambientali, anche e soprattutto per ciò che riguarda la questione climatica, è stata demandata, specialmente per ciò che riguarda i paesi del Nord del Mondo, quasi esclusivamente alle nuove tecnologie, senza inquadrarne con attenzione le criticità sociali. 100% rinnovabili, auto elettriche, accumulo e reti intelligenti sono stati visti come “ricette” ecologiche per definizione, con un “piccolo” problema: si tratta di tesi che, poiché asettiche e decontestualizzate, sono facilmente cooptabili, in parte, dalle forze politiche della destra. Si tratta di ciò che accade nel “Manifesto techno-ottimista” di Marc Andreessen, che è uno dei testi alla base del pensiero neoreazionario che sta permeando la Silicon Valley e la Casa Bianca. Con il pensiero neoreazionario si promuove un capitalismo autoritario e tecnofilo che difende i liberi mercati come meccanismi efficienti, sostenendo che l'Occidente stia morendo di sclerosi democratica e progressista e sia dominato da un'ideologia egualitaria che è doppiamente problematica, perché offusca le gerarchie naturali, essenziali per la stabilità di una società, e ostacola la distruzione creativa necessaria all'innovazione tecnocapitalistica.

In questo quadro una vocazione esclusivamente tecnologica dell'ambientalismo è destinata, nelle migliori delle ipotesi, a essere inefficace, oppure a diventare una costola funzionale, del pensiero neoreazionario. In pratica gli elementi caratteristici di questo pensiero sono la ferma opposizione alla democrazia e al progressismo, la critica al conservatorismo, il pessimismo antropologico, la difesa del tecnocapitalismo e una concezione elitaria e gerarchica delle società umane. E non si pensi che si tratta di tesi future o in divenire. Una buona parte dei “contenuti”, uso le virgolette perché si tratta di oggetti difformi, quali post, meme, shorts e quant'altro, si trova all'interno del “Project 2025: The Presidential Transition Project”, redatto dalla Heritage Foundation e che è diventato di fatto il programma di governo di Donald Trump. 

Mercati centrali

Per quanto riguarda l'energia il pensiero neoreazionario se ne occupa poco se non per il modello che vi sovraintende. Buona parte degli esponenti di questa corrente, infatti, propone gerarchie politiche ed economiche verticali ed elitarie. E infatti nel Project 2025 troviamo tutta una serie di indicazioni per puntare su mercati energetici centralizzati, tradizionali e fossili, mentre si fa un'inversione di rotta sia sulle rinnovabili, sia sul rafforzamento delle reti necessario a queste ultime. E non è un caso che, dopo la sfilata di tutti gli esponenti della Silicon Valley alla cerimonia d'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, sia Microsoft sia Google abbiano scelto, per i propri data center, il nucleare e non le rinnovabili con l'accumulo.

Europa in bilico

E in Europa, Project 2025 ispira soprattutto i partiti e i movimenti della destra radicale e sovranista, come Patriots for Europe, Vox, Fratelli d'Italia, Rassemblement National, la Lega e altri, che collaborano tra loro e con la destra americana per promuovere una “riconquista” delle istituzioni e una ridefinizione conservatrice delle politiche europee comunitarie, a cominciare dal Green New Deal. Ma il vero problema è che anche una serie di grandi compartimenti industriali europei, dall'automotive, all'acciaio, passando per la chimica hanno innestato la retromarcia sulle orme di ciò che stanno facendo le imprese statunitensi. Nel frattempo, gli eredi asiatici del Grande Timoniere sono sul bordo del fiume. E aspettano, ben sapendo che il futuro non può che essere green.