Il decollo dell’Asia
Milano, 8 settembre 2025 - 01:00

Il decollo dell’Asia

Il blocco eurasiatico si organizza per rispondere a Trump anche a colpi di rinnovabili, mentre l'Europa non capisce il cambiamento, che è sia geopolitico sia economico

Mentre Donald Trump si diletta, si fa per dire, con i dazi usando logiche solo a lui note, un'altra parte del Mondo si è organizzata per un funzionamento “alternativo” a quello che vorrebbe Il Presidente degli Stati Uniti. Tra il 31 agosto e il 1° settembre 2025 si è svolto, infatti, a Tianjin il vertice della Shanghai Cooperation Organisation (SCO), un appuntamento che ha messo allo scoperto l’evoluzione delle relazioni tra Cina, Russia e India, e non solo, con un'attenzione particolare al settore dell'energia. L'incontro tra Vladimir Putin, Xi Jinping e Narendra Modi è avvenuto in un contesto di crescenti tensioni con l’Occidente, in particolare con gli Stati Uniti, che negli ultimi mesi hanno imposto dazi pesanti sia all’India che alla Cina e continuano a sanzionare la Russia per la guerra in Ucraina. I tre leader sono stati fotografati insieme, sorridenti e mano nella mano, in quello che molti analisti hanno definito un palese tentativo di mostrare una possibile alternativa all’ordine mondiale che Donald Trump vorrebbe imporre. Particolare è stato il ruolo dell'India, che è stata sottoposta a dazi del 50% come ritorsione da parte degli Usa all'importazione del greggio russo. Una mossa degli Stati Uniti che non è piaciuta per niente al leader indiano Narendra Modi, al punto che l'ha spinto a superare, temporaneamente, gli ostacoli rappresentati dalle dispute di confine con la Cina e dalla presenza del Pakistan, storico nemico dell'India.

Energia al centro

E la prima ragione dell'esistenza del vertice è quella energetica. Nel nuovo scenario che emerge, infatti, la Russia offre risorse essenziali, come gas naturale e petrolio, la Cina capitalizza infrastrutture anche attraverso la manifattura degli impianti energetici e con finanza, mentre l’India trova una nuova stabilità energetica e un inedito spazio di manovra. Il tutto in un quadro che va oltre la transizione verde. Si tratta di una nuova disposizione tattica verso un ordine multipolare che ruota attorno alla SCO, che da oggi non è più un mero organismo regionale, con un grande cambio di paradigma che vede energia e finanza diventare delle leve geopolitiche centrali, per uno scacchiere, rappresentato da 3,46 miliardi di persone, il 42% della popolazione mondiale per un 26% del Pil planetario e soprattutto con una capacità manifatturiera che è il 30% di quella globale. Una macchina, quella della SCO, che il presidente cinese Xi Jinping ha voluto immediatamente operativa proponendo la creazione di una banca di sviluppo SCO e di una piattaforma di cooperazione energetica, destinando circa 280 milioni di dollari in sovvenzioni e 1,4 miliardi di dollari in prestiti verso altri stati membri. Una mossa che ha l’obiettivo di ridurre la dipendenza dagli istituti finanziari occidentali. Oltre a ciò, Cina e Russia hanno annunciato un nuovo gasdotto e un rilancio delle forniture energetiche tramite le infrastrutture esistenti, fatto che rafforza la sicurezza energetica di Pechino e conferma il ruolo strategico di Mosca come fornitore energetico chiave. E infatti Putin, al termine dell’incontro, ha definito la SCO uno strumento per «rilanciare un multilateralismo autentico e gettare basi politiche e socioeconomiche per una nuova stabilità eurasiatica». Tradotto: oggi qualsiasi tentativo d'isolamento dovuto all'invasione dell’Ucraina da parte di chicchessia è destinato al fallimento. Fatto che ormai è ovvio anche alla luce dell’incontro Putin-Trump di Ferragosto, mentre l’Unione europea, visti i commenti di circostanza, sembra non aver compreso per nulla l’importanza dell’incontro. Bruxelles ha continuato nella condanna dell’aggressione di Mosca a Kiev, ha ribadito la grande diffidenza verso la Cina e il suo ruolo strategico e ha incluso nella condanna alla Russia anche la fornitura di petrolio da parte di Mosca all'India, congelando così qualsiasi dialogo. In sintesi, si è isolata dal 42% della popolazione mondiale e dal 26% del Pil planetario per rafforzare, forse, l’abbraccio mortale con gli Stati Uniti di Donald Trump che impongono al Vecchio Continente l’acquisto per 750 miliardi di dollari, in soli tre anni, d’energia da fonti fossili a un prezzo stratosferico, con in più 600 miliardi in investimenti "produttivi" in suolo americano (come abbiamo approfondito qui), con gli Stati Uniti che già oggi non sono il centro dell’innovazione, visti anche i pesanti tagli del Presidente a stelle e strisce sulla ricerca e sull’istruzione.

Rinnovabili come obiettivo: degli altri

E la scelta di un patto esclusivamente atlantico ha dei risvolti anche e soprattutto sulle fonti rinnovabili. Infatti, mentre Trump smantella tutto il sistema scientifico sul clima a stelle e strisce e affossa le fonti rinnovabili sul suolo statunitense, bloccando, per esempio, il programma federale Solar for All da 7 miliardi di dollari e cancellando 679 milioni di finanziamenti per una dozzina di progetti di eolico offshore, al summit SCO 2025 sono stati firmati diversi accordi e strategie riguardanti le energie rinnovabili, con l'obiettivo di potenziare la transizione energetica, la cooperazione tecnologica e la sostenibilità ambientale fra i membri. È stata approvata una "Roadmap per la strategia di cooperazione energetica fino al 2030", che include lo sviluppo e l’integrazione delle energie rinnovabili come pilastri della sicurezza energetica dell’area. Le nazioni presenti, infatti, hanno firmato il "Development Strategy” della SCO fino al 2035, che punta esplicitamente su progetti di green economy, infrastrutture per energia pulita e riduzione della dipendenza dai combustibili fossili. E, sia nella dichiarazione finale sia nel piano d’azione è stato sottolineato l'impegno di tutti i membri a promuovere la crescita di settori come il solare, l’eolico e l’idroelettrico, nonché la cooperazione su ricerca e innovazione tecnologica per la decarbonizzazione. Per il fronte industriale è stata lanciata una piattaforma di cooperazione verde tra la Cina e i membri SCO, destinata a favorire investimenti congiunti su tecnologie pulite, filiere produttive green e certificazione ambientale, mentre nei documenti ufficiali si fa esplicito riferimento alla costruzione di poli regionali per la produzione di componenti, l'avanzamento di reti elettriche intelligenti e la digitalizzazione delle infrastrutture per supportare la transizione energetica, con gli stati membri che hanno concordato di condividere know-how scientifico, mobilitare fondi tramite la nuova SCO Development Bank e di sostenere la diffusione di veicoli e trasporti a basso impatto. Tutte cose che l’Europa non vuole nemmeno prendere in considerazione facendo scelte autolesioniste, come quelle che riguardano il partner d’oltre Atlantico, oppure “non scelte”: non prendere cioè nemmeno in considerazione piani industriali comuni tra gli stati membri per l’economia green. L'impressione è che a Bruxelles non servano schiere d’economisti e pianificatori industriali, ma una moltitudine di psicologi sociali che aiutino il Vecchio Continente a non aver paura del futuro. Ma psicologi bravi.

*direttore di Nextville